Omelie 2020 di don Giorgio: PRIMA DI AVVENTO

15 novembre 2020: PRIMA DI AVVENTO
Is 24,16b-23; 1Cor 15,22-28; Mc 13,1-27
E-vento o ad-vento
Oggi per noi di rito ambrosiano è la prima domenica di Avvento, mentre per il rito romano l’Avvento inizierà fra due settimane.
Che cos’è l’Avvento? La parola “avvento” deriva dal latino “ad-ventus”, che vuol dire di per sé “venuta”, ma che può indicare qualcosa di più, se consideriamo che la parola latina è composta di “ad” + “ventus”. Dunque, “venuto verso”. A differenza della parola “e-vento”, che significa “venuto da”. Quindi, avvento tende verso qualcosa che non c’è ancora, mentre evento è qualcosa che proviene dal passato.
Scrive don Luigi Crivelli, sacerdote milanese: «Siamo tutti propensi a considerare la vita come evento e quasi mai come avvento». In altre parole, viviamo di un passato che ci costringe a restare in certi schemi. Ecco perché è importante cogliere il significato di avvento che richiama una certa apertura verso l’Alto, che è il mondo del Divino.
Scrive ancora don Crivelli: «La vita come avvento è quella caratterizzata dall’attendere». Anche attendere deriva dal verbo latino composto di “ad” + “tendere”, tendere verso. Nel nostro caso verso che cosa? Verso la Novità divina, e non verso una banalità ripetitiva. Come quando, in attesa del Natale, scartiamo ovvero spacchettiamo le solite statuine, e facciamo il solito presepe, o il solito albero di Natale e lo addobbiamo con le solite palline colorate, o riprendiamo i soliti canti natalizi o ripetiamo le solite omelie, per non parlare poi delle cene e dei concerti, sempre la solita solfa.
Ogni anno vuole un Natale nuovo: un Natale non di eventi, ma di avventi. Ma l’avvento ogni anno si spegne in eventi di un passato che è solo una commemorazione cadaverica, anche se formalmente si cerca di coprire l’inganno del vuoto.
Qui vorrei agganciarmi al primo e al terzo brano.
Verso una apocalisse?
Sembra di trovarci davanti a brani apocalittici. Ma che significa “apocalittico”? Di per sé il termine greco ”apocalisse” significa “rivelazione”, e quindi non ha quel senso negativo che ha assunto poi, come se si trattasse di qualcosa di catastrofico. Nulla di questo, se la Parola di Dio è rivelazione di quel Bene Sommo, che non ama la catastrofe, ovvero la distruzione del Bene. Il Bene è per sua natura salvezza, che consiste nel far sì che l’essere umano riscopra la sua realtà interiore, anche partecipe della realtà cosmica. Non siamo un sé staccato dalla Creazione. Quando la Creazione soffre, soffriamo anche noi.
L’odierno brano di Isaia fa parte del capitolo 24, e i capitoli che vanno dal 24 al 27 sono impropriamente chiamati “Apocalisse di Isaia”, in realtà si tratta di una inserzione posteriore di un profeta anonimo, forse del VI-V secolo a.C., che raccolse e sviluppò il tema del giudizio divino sulla storia, ovvero quando Dio metterà il suo sigillo definitivo sulla storia umana e sul mondo.
Dovremmo essere un po’ saggi, anche se è quasi impossibile esserlo in una società talmente carnale da ripudiare ogni pensiero nobile, riducendo tutto a un ammasso di cose, da cercare disperatamente nei supermercati dove i prodotti sono surrogati di felicità.
Se fossimo un po’ saggi, comprenderemmo che questo mondo non può essere lasciato nelle mani di pazzoidi che amano disfare l’ordito di Dio, facendone un groviglio di fili che si intrecciano a casaccio, lasciandoci in un labirinto senza via d’uscita.
E se Dio interviene, non lo fa per punire, ma per rimettere in ordine le cose, ma le cose si complicano maggiormente, quando la perversione umana ostacola il piano divino.
Se voi leggete la prima parte del capitolo 24, quella che precede il brano di oggi, rimarrete colpiti dalla descrizione che il profeta fa del giudizio di Dio, quando egli irrompe nella storia e la sconvolge radicalmente, lasciando solo quel pugno di giusti, gli unici rimasti fedeli al piano divino. Ed ecco il brano di oggi, quando il profeta eleva un grido disperato, perché si sente attanagliato dalla perfidia umana. Ma la giustizia divina fa precipitare il peccatore nel terrore, nella fossa e nel tranello. La terra è sconvolta da un cataclisma planetario così da barcollare come un ubriaco o come una tenda mossa dalla bufera. Le eclissi di sole e di luna sono viste poeticamente come un loro “vergognarsi” di fronte al male dell’umanità. Dio punirà tutti, partendo dall’alto ove c’è “l’esercito celeste” degli astri, adorati come idoli, fino in basso, raggiungendo i re della terra.
Riflessioni
Commentando i brani di oggi non potevo non pensare all’attuale momento storico, in cui un virus del tutto invisibile sta agendo come un giudizio implacabile di Dio. Pensavamo di essere più potenti di Dio, e siamo più fragili di una foglia in balìa del vento.
Questo virus sta mettendo nel sacco tutti allo stesso modo, in modo diciamo democratico: libero da ogni privilegio, dai soldi, dalle raccomandazioni. Colpisce tutti, senza guardare in faccia a nessuno. Scienziati, santi o madonne o ritualismi o magie d’ogni genere, nulla riesce a contenere la sua forza distruttrice. Ma in che senso distruttrice? Perché vedere nel virus solo aspetti negativi, quando forse dovremmo anche ringraziarlo, se dovesse far piazza pulita di quel marciume, in ogni campo del vivere sociale e religioso, tanto radicato da non poter essere più estirpabile, ma un virus provvidenzialmente ci è venuto in aiuto, senza legarci mani e piedi come quando, dopo una guerra, nei trattati di pace le nazioni perdenti sono costrette a pagare pesantissimi debiti.
Invece che lamentarci, riflettiamo nella speranza che, quando usciremo da questa emergenza, l’umanità sarà purificata, pronta a ripartire ex novo, ma qualche dubbio ce l’ho, considerando come è fatto il genere umano. Quando saremo spogliati dell’inutile, del superfluo, passata la crisi o l’emergenza ci sarà una folle riconquista dei beni perduti, creando un marciume ancora peggiore di quello precedente.
E da ultimo, pensando proprio all’Avvento di quest’anno, posso dire che là dove non è arrivato nessuno, nemmeno la Chiesa nei suoi gerarchi, che da anni avrebbe dovuto puntare all’essenzialità invitando le comunità cristiane a tagliare le cose inutili, quest’anno il virus ci darà una mano, costringendoci a vivere nella sua essenzialità uno dei momenti più forti per un credente. Via tutto, ed ecco che forse quest’anno finalmente potremo scoprire e vivere spiritualmente con gioia profonda il Mistero del Figlio di Dio che si è incarnato per dirci: “Sei figlio di Dio, e non figlio di una società carnale e di una Chiesa altrettanto carnale”.

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