da AVVENIRE
15 settembre 2020
Como.
Accoltellato e ucciso don Roberto,
prete fra gli ultimi
Ilaria Solaini e Nello Scavo
Morto don Malgesini, 51 anni, della comunità pastorale Beato Scalabrini. L’autore del delitto, un cittadino tunisino senza dimora, si è costituito ai carabinieri e ha ammesso le proprie responsabilità
Don Roberto Malgesini, di 51 anni, è stato accoltellato a morte questa mattina in piazza San Rocco, a Como. L’aggressione è avvenuta poco dopo le 7: l’uomo è stato trovato steso a terra, con una ferita da arma da taglio, nella strada che porta alla chiesa.
Sono stati purtroppo inutili i soccorsi: i sanitari hanno soltanto potuto constatare il decesso del prete. Mentre arrivava l’ambulanza l’autore del delitto, un senzatetto con problemi psichici, ha raggiunto subito la vicina caserma dei carabinieri per costituirsi. Di 53 anni, nazionalità tunisina, l’uomo che ha ucciso don Roberto aveva alcuni decreti di espulsione alle spalle e aveva più volte consumato nel centro d’accoglienza le colazioni preparate dal prete. Va precisato che alle forze dell’ordine non risultava che l’uomo fosse assistito per problemi di salute mentale.
A quanto si è saputo, don Roberto Malgesini avrebbe procurato proprio al tunisino che l’ha ucciso un avvocato per far fronte ai diversi procedimenti penali in cui era coinvolto. L’assassino, secondo l’agenzia Agi, aveva condanne definitive per maltrattamenti in famiglia ed estorsione ed era stato accusato anche per furti e rapine. Regolarmente in Italia dal 93 al 2014, ha poi perso il lavoro, e si è separato dalla moglie. In quel momento non aveva più i documenti per restare in Italia per via dei reati che hanno determinato due decreti di espulsione, entrambi non eseguiti. Uno, quello del 2018, non eseguito perché impugnato, e l’altro dell’aprile 2020 per il Covid. In serata la Procura di Como ha fatto sapere che l’uomo ha ammesso le proprie responsabilità. L’uomo avrebbe espresso il convincimento di essere vittima di un complotto che ne avrebbe determinato il rimpatrio in Tunisia. Hli inquirenti escludono moventi religiosi.
Gli uomini della polizia scientifica hanno ritrovato non lontano dal corpo un coltello insanguinato, che potrebbe essere l’arma del delitto.
Immediatamente informato della tragedia, il vescovo di Como, Oscar Cantoni è arrivato poco dopo le 8.15 in piazza San Rocco, dove è stato trovato il corpo di don Roberto sotto i portici dei locali parrocchiali che ogni notte ospitano persone senza tetto. Monsignor Cantoni ha espresso “profondo dolore e disorientamento per quanto accaduto”, ma anche “orgoglio verso questo nostro prete, che ha da sempre lavorato su campo fino a dare la sua vita per gli ultimi”.
La bara di don Roberto è stata portata via tra le lacrime e gli applausi di migranti e volontari che sono stati i primi a ritrovare il corpo senza vita del prete. “Per me era come un padre – ha raccontato Gabriel Nastase, 36 anni – quando sono arrivato dalla Romania, solo, senza casa e lavoro, è stato lui il primo ad aiutarmi, poi ho trovato un’occupazione ma con lui sono sempre rimasto in contatto, se avevo bisogno di medicine, di essere accompagnato per una visita, chiamavo lui. Non meritava di morire così, spero ci sia giustizia”.
“Io venivo qui tutte le mattine per prendere qualcosa da mangiare – ha raccontato un giovane ghanese seduto sui gradini della chiesa – anche stamattina sono arrivato alle 7,30 e ho visto un corpo per terra ma non mi hanno fatto avvicinare. Solo dopo ho saputo che era Don Roberto: per me oggi è una giornata molto triste, non me la sento neppure di mangiare”.
Chi era don Roberto Malgesini
Don Roberto Malgesini era nato a Morbegno nel 1969. Ordinato sacerdote nel 1998, era stato vicario prima a Gravedona e poi a Lipomo, dal 2008 era collaboratore della comunità pastorale Beato Scalabrini. Sacerdote da sempre in prima linea accanto alle persone in difficoltà, schivo e defilato nello stile, non faceva mai mancare il suo sostegno a chi incontrava lungo la strada, costantemente e senza risparmio al servizio di ogni forma di fragilità umana.
Da anni don Roberto assieme a un gruppo di volontari portava i pasti caldi all’alba ai senzatetto e ai poveri della città. Aveva stretto con loro profonde relazioni basate sulla conoscenza e la fiducia cresciuta nel tempo. Come ogni mattina, aveva appena finito di caricare la macchina con i thermos del latte e del tè, brioche, che sarebbero stati distribuiti da lì a pochi minuti ai senza tetto della città. Il suo quartier generale era la chiesa di San Rocco, zona di cerniera tra il centro e la periferia. E il suo popolo, italiani, stranieri, poveri e volontari, era ancora lì quando verso le 9.30 la salma è stata portata via verso l’ospedale Sant’Anna di Como.
Nel 2017 assieme ai giovani volontari, tra cui molti studenti delle scuole superiori, rischiò di subire una multa dal Comune di Como a causa della assistenza non autorizzata ai poveri della città.
La Cei: cordoglio e vicinanza alla comunità di Como
La Chiesa italiana esprime “cordoglio e vicinanza alla comunità diocesana di Como per la morte di don Roberto Malgesini, assassinato questa mattina alle prime luci dell’alba. Preghiamo perché il Signore possa accoglierlo nel Suo Regno, che don Roberto ha contribuito a costruire su questa terra. Ci stringiamo accanto al vescovo Oscar Cantoni, facendo sue le parole con le quali ha descritto don Roberto: ‘Un Santo della porta accanto per la sua semplicità, per l’amorevolezza con cui è andato in contro a tutti, per la stima che ha ricevuto da tanta gente anche non credente o non cristiana, per l’aiuto fraterno e solidale che ha voluto dare a tutti”.
Grande don Roberto!
Non c’è solo orgoglio ma immensa stima e riconoscenza per la vita di questo prete.
Una vita a servizio degli ultimi, degli emarginati, dei senzatetto, di quelli che vivono nella miseria o distrutti dalla droghe.
Una vita col sorriso, senza preoccuparsi di gruppi, riti o beghe parrocchiali.
Lui ha dedicato la vita ai poveri: la carne viva di Cristo!
Io non ho parole; la chiesa ci mostra una multiformità di carismi ma quando mi trovo al cospetto di una figura come questa posso solo lodare Dio ringraziandolo per questo immenso dono.
Sempre dalla parte degli ultimi, sempre a servizio dei più poveri.
Grazie don Roberto, veglia su di noi!
ps: mi piacerebbe conoscere il pensiero di comunione e liberazione, dei tradizionalisti e dei tanti gruppi pseudo-ecclesiali impegnati nel difendere i propri interessi. Di quelli che pensano che fare comunità equivalga a lottare per comandare, sia un esercizio della prepotenza. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensano quelli che ogni giorno lottano per chi deve leggere, cantare, comunicare. Che pensano che il protagonismo sia il cammino per avvicinarsi a Dio. Mi piacerebbe capire cosa pensano quelli che litigano ogni giorno per banalità, davanti alla morte di chi ha servito i poveri fino alla morte. Mi piacerebbe capire!
Ricordo don Roberto come un prete felice. Felice di amare Gesù servendolo nei poveri, nei profughi, nei senza tetto, nei carcerati, nelle prostitute.
Nei poveri riconosceva “la carne viva” di Cristo, a cui si era donato attraverso uno speciale ministero che potremmo definire “di carità spicciola”, indirizzato alle persone singolarmente prese, a cui offriva tempo, energie, delicate attenzioni e premure, soprattutto un grande cuore.
I comaschi, quelli almeno che preferiscono gli occhi alle orecchie, ossia che riconoscono chi agisce concretamente, piuttosto di chi lancia proclami vuoti, nutrivano per lui una garbata ammirazione e non hanno mancato di riconoscere in lui un pastore degno di stima e di affetto. Mi stupiva quando, camminando con lui in città di Como, molti comaschi lo salutavano con simpatia.
Questa sera Lo piangono anche i tanti suoi assistiti, di nazionalità, culture, religioni diverse. Nutrivano un grande rispetto e una profonda riconoscenza per lui, che classificavano facilmente come un padre, che aveva sempre tempo per ciascuno di loro.
Nei giorni scorsi ho additato suor Maria Laura Mainetti e padre Giuseppe Ambrosoli, i nostri due prossimi beati, come vite esemplari di discepoli, testimoni della misericordia di Dio. Oggi se ne aggiunge un altro, non meno valido e di estrema attualità, don Roberto.
Egli riflette, dentro il clima disumano che in questo periodo spesso respiriamo, il segno vivo della tenerezza di Dio padre, che vuole fare della Chiesa del suo Figlio un ambiente di misericordia, dei figli della Chiesa degli umili suoi banditori e del mondo un luogo dove tutti si riconoscono fratelli.
I giovani, che sono alla ricerca di testimoni veri ed autentici di piena umanità e che esigono dalla comunità cristiana figure presbiterali di autentico riferimento, hanno trovato in don Roberto una immagine di prete bella, schietta e serena, quella in cui possono identificare al meglio la nostra Chiesa e con lei impegnarsi a servizio di Cristo e dei fratelli.
È sempre valida e attuale l’affermazione di Tertulliano, un autore africano del secondo secolo, che ci ricorda come “il sangue dei martiri sia seme di nuovi cristiani”. Mentre san Luigi Guanella, nostro diocesano, diceva che “patimenti straordinari, grazie straordinarie”.
Possa il sacrificio di don Roberto contribuire a promuovere quella cultura della misericordia che è lo scopo fondamentale del Sinodo che stiamo celebrando. Don Roberto dia nuovo impulso al nostro Presbiterio e a me stesso per poter ripartire con rinnovata forza d’animo e nuovo slancio pastorale con lo stesso gusto di carità che ha contraddistinto il suo ministero tra noi.
(mons. Oscar Cantoni – vescovo di Como – 15 Settembre)