Silvia Calderoni: “Vi racconto come ho assistito i migranti nel processo Open Arms. L’obiettivo: evitare altri traumi”

www.huffingtonpost.it
15 Settembre 2024

Silvia Calderoni:

“Vi racconto come ho assistito i migranti

nel processo Open Arms.

L’obiettivo: evitare altri traumi”

di Adalgisa Marrocco
L’avvocato spiega la battaglia della parte civile, tutt’altro che facile: “Abbiamo evitato di farli testimoniare, per proteggere il loro benessere emotivo”
Lo stallo in mare, il trauma e la sofferenza. Ieri a Palermo è stato il giorno dell’udienza del processo Open Arms, che vede Matteo Salvini imputato per sequestro di persona e rifiuto d’atti d’ufficio per aver impedito, nel suo ruolo di Ministro dell’Interno, lo sbarco di 147 migranti salvati dalla nave dell’Ong spagnola nell’agosto del 2019. L’attuale vicepremier non era presente in aula, ma per lui l’accusa ha chiesto sei anni di reclusione. Anche i testimoni diretti dei venti giorni di attesa al largo di Lampedusa erano assenti, ma rappresentati dai loro avvocati. Tra questi, Silvia Calderoni, avvocata di Progetto Diritti e collaboratore del team legale di Open Arms, che difende due sopravvissuti e l’organizzazione Emergency. Raggiunta da HuffPost, Calderoni ha raccontato la battaglia della parte civile.
Lo ha sottolineato anche il pm di Palermo al termine della sua requisitoria: bisogna essere “privilegiati” anche per venire rintracciati e riuscire a raccontare l’esperienza vissuta in mare. È così?
Sì, assolutamente. E va evidenziato che le persone che assistiamo, io e i miei colleghi, non risiedono in Italia: questo è un elemento rilevante, visto che durante il processo è stato affermato che farle sbarcare avrebbe costretto il nostro Paese ad accoglierle. A oggi, invece, nessuna delle persone con cui siamo entrati in contatto vive qui. Quando abbiamo chiesto loro se fossero disposte a tornare per testimoniare, hanno categoricamente rifiutato, poiché non vogliono più avere nulla a che fare con questa vicenda. Molti temono che la loro partecipazione al processo possa compromettere il loro percorso migratorio.
È stata quindi una scelta di rispetto della loro volontà non farle testimoniare direttamente?
Esatto. Abbiamo valutato che sottoporle a un ulteriore esame, in un contesto in cui la difesa dell’imputato ha adottato un approccio particolarmente aggressivo, avrebbe potuto causare una nuova traumatizzazione. Il nostro obiettivo era proteggere il loro benessere emotivo. Le persone che assistiamo hanno già ottenuto la protezione internazionale, in Francia o in Germania, a conferma del fatto che si tratta di soggetti vulnerabili, il cui status è stato riconosciuto da altri paesi dell’Unione Europea.
Cos’altro è emerso durante le ricostruzioni della vicenda?
Un elemento cruciale è che, prima di affrontare la traversata del Mediterraneo, queste persone avevano già vissuto esperienze drammatiche, come l’attraversamento del deserto del Niger, eppure sono state dipinte come un nemico pubblico. Le difficoltà affrontate in mare sono state solo l’ultimo capitolo di un percorso devastante. Proprio come nel film di Matteo Garrone, Io capitano. Solo che questa è la realtà. Ricordiamo che a bordo della nave c’erano persone soccorse durante tre diversi salvataggi, avvenuti tra il 1° e il 9 agosto. Tutti hanno dovuto affrontare condizioni di navigazione estreme, e una volta a bordo della Open Arms sono stati costretti a rimanere in un limbo.
Quali erano le condizioni fisiche e psicologiche di chi era a bordo?
Gli operatori hanno parlato di persone con ferite da armi da fuoco, cicatrici e segni di probabili torture. Altri presentavano disturbi psicologici acuti: una donna, ad esempio, ha avuto un attacco di panico durato due ore. Molti si sono buttati in mare, pur non sapendo nuotare: un gesto disperato di persone al limite della sopportazione. Tra i presenti c’erano anche diverse donne incinte e quando
la Procura Medica ha chiesto loro se avessero subito violenze sessuali, si sono rifiutate di parlarne alla presenza dei loro mariti. Tutto questo dimostra l’entità della sofferenza psicologica e dei traumi a lungo termine generati dalla condotta di un ministro della Repubblica.
Come ha replicato la difesa rispetto tutto ciò?
La difesa ha cercato di minimizzare il trauma psicologico, considerandolo quasi un capriccio e insistendo sul fatto che non erano state effettuate valutazioni mediche individuali su tutti i naufraghi. Ma come si può pensare di eseguire consulenze psicologiche personalizzate in una situazione del genere, con 147 persone stipate su un unico ponte?
Lei rappresenta anche Emergency, che ha prestato soccorso ai migranti. Anche l’equipaggio ha risentito della situazione?
Sì, assolutamente. Molti operatori, dopo quell’esperienza, hanno dovuto prendersi mesi di pausa per riprendersi dalle conseguenze, spesso manifestando sintomi tipici del disturbo da stress post-traumatico.
Il ministro Salvini ha affermato di aver agito per difendere l’Italia e parla di processo politico…
La sua giustificazione è sempre stata quella di aver agito per difendere il nostro Paese da un presunto pericolo, ma anche la Procura ha stabilito che non c’era alcuna minaccia terroristica a bordo. Non è mai stata fornita alcuna prova concreta di un reale rischio criminale. Le convenzioni internazionali sulla salvaguardia della vita umana in mare sono chiare e prevalgono su qualsiasi altra considerazione. E Salvini ha violato queste convenzioni.
Cosa pensa delle dichiarazioni della premier Giorgia Meloni, che ha espresso il suo appoggio a Salvini dopo la richiesta di condanna?
Non mi sorprende. È un atteggiamento tipico di chi proviene da quell’area politica, interpretare tutto come una persecuzione giudiziaria. Va però ricordato che ci sono stati numerosi pronunciamenti legali che hanno sospeso l’efficacia del divieto imposto da Salvini. I legali di Open Arms, per esempio, avevano presentato un ricorso al Tar del Lazio, che aveva accolto la richiesta sospendendo il divieto di ingresso nelle acque territoriali italiane: la nave aveva fatto rotta verso l’Italia, ma comunque non aveva un porto di sbarco. Anche alcuni colleghi di governo di Salvini dei tempi, dinanzi alla richiesta di controfirmare lo stesso decreto da adottare una seconda volta per impedire l’ingresso, si erano rifiutati ritenendo che ci fossero i presupposti legali.
Vede una continuità tra le politiche di oggi e quelle di cinque anni fa?
L’esecutivo, ai tempi, aveva cercato di ostacolare le operazioni di salvataggio, affermando che le ONG facilitassero l’arrivo di migranti. Tuttavia, i dati a sostegno di questa tesi si sono rivelati falsi, come abbiamo dimostrato tramite ampia documentazione. In realtà, ciò che viene costantemente omesso è che le politiche di criminalizzazione della solidarietà, che sono ancora in atto, non riducono gli sbarchi, ma aumentano i morti nel Mediterraneo. Meno operazioni di salvataggio significano più vite perse durante le traversate.
Quali sono le sue aspettative riguardo al processo?
È difficile fare previsioni, ma il fatto che la Procura abbia richiesto una condanna così severa è già un segnale importante. Non è frequente assistere a una requisitoria così incisiva ma, d’altronde, casi di questa natura non sono comuni.
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15 SETTEMBRE 2024

Il Cdr di RaiNews attacca sul video di Salvini:

“Quasi 4 minuti di monologo,

usati come megafono del governo”

a cura della redazione Politica
Dura nota nei confronti dell’azienda: “Chi ha deciso di mandarlo in onda? Cosa dice il direttore Petrecca?”
Il Cdr di RaiNews all’attacco sulla scelta di mandare in onda l’intero video di Matteo Salvini che commenta la richiesta di sei anni di carcere nei suoi confronti fatta dalla procura di Palermo nel processo Open Arms. “Quasi 4 minuti di monologo sul processo Open Arms presi dai social del ministro Salvini – si sottolinea in una nota -. Ancora una volta il nostro canale usato come megafono per le dichiarazioni di un membro di primo piano del governo. Ancora una volta saltate le regole del buon giornalismo e il lavoro di mediazione di una intera redazione. Chi ha deciso di mandarlo in onda? Cosa dice il direttore Petrecca? Riteniamo doveroso quanto meno offrire lo stesso tempo alla controparte in questa vicenda”.
Sul caso intervengono anche i componenti democratici nella commissione di Vigilanza Rai che annunciano di portare la questione all’esame della commissione stessa: “Si allunga l’elenco delle prove di ‘Asservimento’ del servizio pubblico alla maggioranza. Rai costretta a mandare in onda un monologo di oltre tre minuti del ministro Salvini di autodifesa rispetto al processo in corso. Il tutto con un Cdr che protesta e con giornalisti e professionisti della informazione umiliati e costretti a trasmetterlo. Non vi è equilibrio, non vi è garanzia di imparzialità e viene calpestato ogni elementare principio di servizio pubblico. Tutto questo dopo i casi Sangiuliano e Toti. Siamo davvero preoccupati di questo piano inclinato alla vigilia di importanti tornate amministrative a partire dalla Liguria ed intendiamo investire di questa palese criticità anche l’Agcom. Perseverare è davvero diabolico e qualcuno dovrà rispondere di questa mortificazione della Rai”.
Nel video pubblicato sui social, Salvini aveva detto: “Mai nessun governo e mai nessun ministro nella storia è stato messo sotto accusa e processato per aver difeso i confini del proprio Paese. L’articolo 52 della Costituzione italiana recita che la difesa della patria è un sacro dovere del cittadino. Mi dichiaro colpevole di aver difeso l’Italia e gli italiani, mi dichiaro colpevole di aver mantenuto la parola data”.

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