C’è un tempo per tacere, ora è il tempo per parlare

L’EDITORIALE
di don Giorgio

C’è un tempo per tacere,

ora è il tempo per parlare

Dopo aver assistito alla più oscena esposizione mediatica, prima di un papa in coma irreversibile, spinto dall’ego più smodato a mostrarsi in pubblico quasi volesse disperatamente aggrapparsi al timone come se il bastimento, senza di lui, del suo ego, dovesse andare a sbattere contro gli scogli della sua disperazione, e poi, trovato morto, secondo le leggi della natura che non guarda in faccia a nessuno, lo hanno fatto subito risorgere con una corale allucinante apoteosi, degna solo di faraoni imbalsamati per essere eterni in tombe che sfidano illusoriamente le leggi del tempo, ecco che lo Spirito ha sistemato l’osceno in quell’equilibrio che vuole che, dopo una follia generale, si torni alla normalità riposante di quella saggezza che esalta gli umili e abbassa i superbi.
Me ne stavo zitto, di proposito, era una mia scelta, sicuro che dopo pochi giorni tutto finisse in fumo, al primo apparire di un raggio di sole.
E stavolta, nonostante i pronostici sul futuro pontefice, tutti in linea di una obbligata e obbligante continuità di un papato indecente, lo Spirito santo ha fatto centro: ha spiazzato tutti, teologi e giornalisti, ecclesiastici e atei, con un nome “apparso strano”, uscito dall’urna di schede di cardinali più liberi che mai, che sembrò gelare una platea pronta a scommettere su un papa già precostituito secondo le logiche umane.
L’ironia di Dio è più pungente di quanto si pensi, anche se non si vorrebbe mai pensare che Dio si diverta a scherzare sulle stupidità umane.
In pochi giorni, lo Spirito ha sterilizzato ogni acume umano, anche se non si vorrebbe mai perdere, e si è subito pronti a voltare le spalle agli idoli ancora fumanti, per osannare il nuovo che avanza. In questo, l’ambiente ecclesiastico non ha da imparare da nessuno.
Ma, lo dico con tutta schiettezza: non mi interessa quella massa di esaltati che vorrebbero incensare anche le ombre più ombrose: guardo ora al presente, e già pregusto un futuro più promettente.
Non è la rivincita delle mie lotte anche solitarie, non mi piace riscatti sulla pelle di cadaveri: è solo per voler un mondo di valori eterni, di beni eterni, donando anche solo un attimo di felicità, che è di anzitutto di spirito, tanto quanto basta perché gli esseri umani aprano gli occhi, quelli dello spirito, per dare un senso nuovo alla loro stessa esistenza.
Il problema di oggi è che ci manca perfino uno spiraglio di eterno, sommersi in banalità senza senso, subendo ogni giorno angherie di un potere che noi stessi plasmiamo con le nostre stesse mani.
Un tempo i Geni servivano per aprire cieli nuovi, oggi le tappette o i tappetti da una parte, e i bisonti dall’altra, non fanno che stordirci, umiliarci, deprimerci, buttarci già nel cesso eterno, o in un suo anticipo, e questo potrebbe ancora salvarci, se l’anticipo dovesse servire a provare disgusto per il fetore di una pena, che ha fatto sì che Dio volesse l’inferno infinitamente lontano dal suo Regno.
Forse Dio ci punisce mandandoci momentaneamente (momenti purtroppo frequenti), tappetti e tappette o bisonti, nel campo politico e nel campo ecclesiastico, per invitarci alla conversione. Ma forse Dio si dimentica il nostro stato di castrati nei cinque sensi: vista, udito, olfatto, gusto e tatto. Ridotti ad essere ciechi, ottusi, insensibili ad ogni valore. E allora, addio alla conversione!
Ma… tanto più siamo conciati per le feste, tanto più Dio tira fuori dal mazzo le sue carte migliori.
Dall’ultimo Conclave è uscito un nome “nuovo”, non previsto, non calcolato, non programmato, non nell’elenco dei sondaggi più qualificati e popolari: ora tocca a noi non sciupare la Sorpresa.
Già vedo uno spiraglio di Luce, che invaderà un mondo di tenebre, nel Cristo risorto. Non è una speranza, ma ciò in cui credo fermamente.
17/05/2025
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