17 luglio 2016: NONA DOPO PENTECOSTE
1Sam 16,1-13; 2Tm 2,8-13; Mt 22,41-46
C’è un costante filo conduttore nel misterioso disegno divino lungo tutta la storia umana: a differenza dei poteri terreni, basati sul criterio del vincente e della forza, il volere di Dio non tiene conto delle doti o delle capacità umane, ma rivela uno stile tutto suo: unico, originale, perciò sconvolgente e provocatorio.
Il Dio dello scarto e dei rottami
Davanti a Dio ciò che conta è il microcosmo, l’umanamente insignificante e perdente.
Se il potere terreno rottama o scarta qualcosa o qualcuno, perché ritenuti senza valore, ovvero non rientrano nella sua logica, Dio prende quello scarto o quel rottame e ne fa la sua carta vincente.
Non si tratta di qualche caso del tutto eccezionale, ma è la normalità dell’agire divino: Lui è fatto così; diversamente, non sarebbe l’Onnipotente dell’impossibile, ma una delle tante divinità, proiezioni delle passioni umane.
Ma il metodo divino dello scarto o del rottame non funziona in modo automatico. Può succedere, e spesso succede, che lo scarto ricuperato o il minimo insignificante rivalutato possono a loro volta inorgoglirsi, man mano che cresce il loro potere. E allora, essi cadono nel rifiuto di Dio, che a sua volta li scarta e li rottama seguendo sempre la logica di scegliere il piccolo o l’insignificante.
E così Dio parte sempre da zero, ma lo zero, quando esce dalla nullità e diventa uno che, moltiplicandosi si fa numero sempre più considerevole umanamente parlando, fa perdere la pazienza di Dio, che torna a rivalutare di nuovo altri zero.
Che significa essere zero davanti a Dio? In realtà, Dio vede nello zero umano infinite possibilità di energie divine, tali da sconvolgere i piani umani, a mano a mano che escono dalla loro passività voluta o imposta.
Dio guarda al cuore
Quando il Signore decide di punire l’arroganza di Saul, primo re d’Israele, forse scelto di proposito per punire la decisione del popolo di avere un proprio re terreno come l’avevano tutti gli altri popoli, ordina a Samuele di ungere un nuovo re. Il giudice-profeta va a Betlemme da Iesse per scegliere uno dei suoi numerosi figli. Quale? Passa in rassegna i sette figli che sono presenti, ma nessuno di loro rientra nella logica del Signore. Ne manca uno, l’ottavo, il più giovane, che era fuori a pascolare il gregge. Samuele lo manda a chiamare: è lui il nuovo re d’Israele.
Notate una cosa: Dio sceglie fuori del numero sette, ritenuto la pienezza o la perfezione. Dice a Samuele a proposito di ciascuno dei sette figli di Iesse: «Non guardare al suo aspetto né alla sua alta statura. Io l’ho scartato, perché non conta quel che vede l’uomo: infatti l’uomo vede l’apparenza, ma il Signore vede il cuore».
Don Angelo Casati commenta: «Il Signore vede e guarda il cuore. E la parola “cuore” evoca ciò che ci abita nel più profondo: è questo che guarda Dio per la sua scelta, guarda i nostri pensieri, la nostra capacità di discernere, la nostra passione per ciò che è vero, bello e buono, il nostro rapporto profondo con il destino dell’umanità e della terra».
Da tempo, nelle omelie domenicali, sto dicendo queste cose, parlando di Mistica. Che cos’è la Mistica? Scoprire ciò che siamo, all’interno dello spirito, che abita nel profondo di noi. Il cuore per gli ebrei non era tanto la sede dei sentimenti, ma di tutto ciò che riguarda l’essere umano: mente e spirito. L’uomo giudica dalle apparenze, ovvero ci giudica non da ciò che effettivamente siamo, ma da ciò che “sembriamo” essere, all’esterno di noi. Ci giudica in quanto alieni. Le apparenze sono le forme che si vedono: bellezza, forza, intelligenza, doti umane, ma che talora e spesso non sono affatto espressioni del nostro essere autentico.
Bisogno di un ricominciamento
Don Angelo continua: «Sempre più sentiamo il bisogno, nella chiesa e fuori della chiesa, di un ricominciamento. Ma attenzione a come ricominciare. Dio ricomincia così. Dobbiamo ricordarlo. Se no è perdizione».
Dio ricomincia così: ovvero, dal cuore dell’essere umano. Quando la Chiesa diventa fumo e apparenza, cerca un grande consenso, e il consenso generale è fumo e apparenza, è fuori rotta. Spero che il nuovo cardinale di Milano venga scelto secondo il criterio del cuore, e non secondo le apparenze culturali o di prestigio. Un vescovo che punti a educare la nostra grande Diocesi a quei valori che partono dall’essere umano. Abbiamo bisogno di qualcuno che ci stimoli con questa domanda: Chi siamo? Siamo diventati pancia e solo pancia, sempre vista comunque nella sua parte vuota, ma la testa si è persa nella nebbia padana. Chi siamo? Ovvero: il nostro cuore, inteso in senso mistico, perché è diventato così arido? Qui sta il vero problema, un problema che si riflette anche sull’aspetto esistenziale. Stiamo male fisicamente e anche economicamente, perché non stiamo bene spiritualmente.
Che significa ricominciamento?
Continua don Angelo Casati: «Non si tratta di restaurare un potere politico, il dominio di un popolo o di una religione, si tratta – direbbe Etty Hillesum, giovane ebrea morta in un campo di concentramento nazista – di “disseppellire Dio nei cuori devastati”. Non dunque un’opera di restaurazione, ma di espansione della dimensione di figli. Non è forse vero che dalla parola “figlio” è assente ogni colorazione di dominio? È infatti una parola colma della bellezza di una relazione, “figli”! Che si traduce immediatamente nella bellezza di un’altra relazione: “fratelli”. Se siete figli, siete dunque fratelli. Una bellezza, l’una e l’altra, da onorare con la nostra vita».
Insisto fino alla noia. Si ricomincia dall’interno del proprio essere: solo dall’interno inizierà “l’espansione” sociale della fratellanza universale. Finché resteremo fuori di noi, troveremo tutte le giustificazioni e gli alibi per far valere e prevalere le nostre primogeniture, dividendo la società tra fratelli maggiori e fratelli minori. Essere figli dello stesso Padre comporta l’uguaglianza, nei doveri e nei diritti. Ma l’uguaglianza è già fondata nel nostro essere: più scendiamo nel profondo di noi, più troveremo quel fondo comune che ci rende uni nel tutto. Se le religioni ancora oggi dividono è perché sono superficiali. Sono strutture che alienano e ci distinguono tra fratelli maggiori e fratelli minori.
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