Ipocrisie made italy

L’EDITORIALE
di don Giorgio De Capitani

Ipocrisie made italy

Lascio da parte il caso Carlo Tavecchio, il nuovo Presidente della Feder Calcio, perché la faccenda è più complessa, e va la di là di una espressione infelice sulle “banane”. Di mezzo c’era e c’è ben altro. Tutti lo sapevano, ma fingevano, e hanno cercato di buttare la vicenda sul presunto razzismo.
Prendiamo invece il caso Angelino Alfano. L’attuale Ministro dell’Interno, giorni fa, lanciando il piano “spiagge sicure”, aveva chiamato “vu’ cumprà” gli ambulanti abusivi. Mi chiedo: che cosa avete trovato di tanto strano? Invece è stato letteralmente coperto da insulti, da parte di tutti. Accusato di razzismo. Siamo in Italia, dove il razzismo si respira ovunque, e poi ce la prendiamo con Alfano perché ha usato un’espressione che tutti solitamente usiamo. Che ipocrisia!
Parliamo di cose più serie. Un artista famoso si suicida, ed ecco subito si vanno a scoprire i particolari: come avrà fatto? Che cosa ha bevuto? Poi, ecco la verità: si è impiccato! Bisognava per forza scriverlo a caratteri cubitali, altrimenti non si era soddisfatti. E poi le cause: i condizionali sono d’obbligo, e generano nel frattempo dubbi e sospetti. E, sempre a proposito dell’attore comico, si è arrivati persino a parlare di depressione americana oppure di una depressione legata al mondo proprio dei comici che, quando arrivano a una certa età e si trovano soli, perderebbero la voglia di far ridere o perché vengono messi da parte, ed ecco la crisi e la disperazione. Poi salta fuori che era un problema di soldi. Fa niente. Oramai gli articoli sono apparsi sul giornale, e qualche lettore magari si sarà fatta una nuova cultura del problema dei suicidi degli attori.
A parte il valore artistico che rimane, nonostante la morte, non sarebbe ora di chiudere il sipario sulla tragica fine di Robin Williams? Ma lasciatelo in pace, e casomai rivedete qualche bel film dell’attore!
In questi giorni è morto un fotoreporter italiano a Gaza, Simone Camilli, vittima di un disinnesco di una granata israeliana inesplosa. Prima di parlare di eroismo, bisognerebbe spiegare le cose come sono andate. Per neutralizzare la granata, la polizia di Gaza aveva inviato uno dei suoi team migliori, che aveva già dato prova di coraggio e di perizia in altre località della Striscia trasformatesi nelle settimane scorse in campi di battaglia. Tutti sanno però, anche i bambini, che la neutralizzazione degli ordigni è una operazione altamente pericolosa. Di norma nelle vicinanze immediate non sono ammessi estranei. Ma il team degli artificieri era accompagnato egualmente da tre giornalisti, tra cui Simone Camilli. Che cosa volevano fare? Fotografare il grande evento. Simone Camilli, infatti, lavorava  per diverse agenzie internazionali tra le quali l’Associated Press. Il primo istinto mi ha portato a dire: Che gran coglione! Che cosa voleva documentare al mondo? Il tipo d’arma da fuoco? La sua potenza? La sua provenienza? Fosse corso a salvare una persona in pericolo, avrei anch’io ammirato il suo gesto. Il padre ha commentato: “Sono fiero di lui”. Coglione anche tu, ma non sai che tuo figlio aveva una moglie e un figlio di tre anni? Non solo il padre, anche i mass media ne hanno fatto un elogio sperticato. Che ipocrisia!
E c’è un’altra vergogna nazionale, che chiamerei uno schiaffo alla precarietà sociale, o meglio una ingiustizia che grida vendetta. Antonio Conte è il nuovo commissario tecnico della Nazionale Calcio. Contratto biennale da 4,1 milioni l’anno: 1,6 li metterà la Feder Calcio, gli altri 2,5 uno sponsor, la Puma. Sotto accusa metterei tutto il mondo del calcio, a iniziare dai giocatori. Che vita da nababbo fanno! E senza sudare troppo! Tutta gente da mettere ai lavori forzati!
Infine, lasciatemelo di nuovo dire. Il Manifesto, organo di veterocomunisti falliti, sono malati di catastrofismo: ce l’hanno a morte con Renzi, con l’Europa, con il mondo intero. Non ho ancora capito che cosa vogliono. Forse non lo sanno nemmeno loro. Sono chiusi nel loro mondo di gente con il dente avvelenato. Però hanno un mestiere: quello di disinformare, e ci campano a meraviglia. Un po’ di ottimismo ci vuole, o no?
17 agosto 2014

EDITORIALI DI DON GIORGIO 1

EDITORIALI DI DON GIORGIO 2

1 Commento

  1. Paolo63 ha detto:

    Caro don Giorgio,
    Sono d’accordo solo in parte con quanto lei afferma. Sul caso del fotoreporter, infatti, ritengo che la circostanza in cui è morto sia secondaria. Sicuramente è stato imprudente e c’è stata della retorica eccessiva nei giudizi su di lui, ma non aggiungerei altro. Quanto al Manifesto, è legittimo criticarlo, ma non mi sembra proprio che sia un organo di disinformazione, come lei scrive. I giornali non debbono essere ottimisti o pessimsti, semplicemente debbono essere attendibili e corretti. Possono esprimere opinioni che non ci piacciono, ma queste ultime non vanno confuse con la disinformazione. Disinformazione penso che sia la diffusione di notizie false e non mi sembra che sia questo il caso del Manifesto. Per il resto sono pienamente d’accordo con lei.

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