Nei boschi della droga di Varese, tra ragazzini-soldato e mamme in coda per una dose d’eroina

dal Corriere della Sera

Nei boschi della droga di Varese,

tra ragazzini-soldato e mamme in coda

per una dose d’eroina

di Andrea Galli
Gli spacciatori sfruttano un’area vasta 52 mila ettari. L’organizzazione: sentinelle, turnover di pusher, case dismesse come basi
Sono luoghi di camminate, paesaggi e turisti, ma nel loro mondo di sotto gli spacciatori si ancorano a coordinate opposte: nascondersi nei boschi, vivere in grotte e tende, attendere i tossicodipendenti che tanto sempre e comunque si presentano, eroinomani allo stadio terminale, lavoratori, anziani, mamme coi figli all’asilo e a scuola.
Una piazza di spaccio vasta 52 mila ettari
Nessuna zona in Italia come la provincia di Varese contiene una così asfissiante progressione di conquista del territorio, sanguinarie faide, morti ammazzati e gambizzazioni, arsenali di pistole, lame e kalashnikov, adulti irregolari e ragazzini soldato. Difficile stabilire una precisa mappa in quanto gli spacciatori, in prevalenza marocchini originari di Béni Mellal dove girano Porsche acquistate con i guadagni illeciti, sfruttano gli oltre 52 mila ettari boschivi del Varesotto lasciando un’area, se pressata dalle forze dell’ordine, per colonizzarne subito una nuova.
I blitz anti-droga e l’uccisione di un immigrato
Le Procure di Varese e Busto Arsizio, con il personale e i mezzi a disposizione, hanno da mesi avviato plurime inchieste; i sindaci dei paesi dedicano l’attività amministrativa a supplicare retate e arresti, inviare lettere circostanziate, promuovere petizioni; nel Comitato sulla sicurezza presieduto dal prefetto, che debuttò proprio incontrando i sindaci per ascoltare e capire, la maggioranza delle discussioni verte sulla programmazione degli interventi anti-droga. Fisiologico che l’uccisione, venerdì sera, di un immigrato da parte di un carabiniere, inneschi riflessioni e forse una revisione della strategia d’inseguire, il giorno e la notte, i pusher. Ma nel doveroso realismo s’impone un’antica domanda, anzi se ne impongono due: dinanzi a quest’ossessiva richiesta di dosi, e ben conoscendo l’abbandonarsi a ogni mezzo possibile pur di acquistarle a cominciare dalla vendita del corpo, che cosa davvero si può fare? Dopodiché, a chi davvero, qui intendendo le istituzioni esterne a Varese, interessa la drammatica ma locale questione? Una questione che, al netto del disastro sociale di certi angoli di provincia divorati dalla droga come succedeva negli anni Ottanta, si fa portatrice di ulteriori temi.
Il turnover per sfuggire agli inquirenti
Anche l’uomo che il carabiniere, un sottufficiale 50enne sott’indagine e forse destinato all’arresto (non ha colpevolmente avvisato nessuno, per primi i suoi superiori), ha colpito alla schiena, era senza documenti. Le bande della droga hanno perfezionato un sistema di turnover: connazionali vanno e vengono dal Marocco, fantasmi che prestano servizio nei boschi, intascano, vengono sostituiti. La pratica serve a danneggiare gli inquirenti che approntano un’indagine su determinati soggetti salvo appurare che nel mentre sono spariti. I più esperti carabinieri e poliziotti con esperienze in lande di sofferenza e pervicace presenza criminale, ripetono l’impressionante violenza che nutre gli spacciatori. Gli incassi sono facili e assicurati, la natura offre infinite possibilità tra colline e montagne.
I ragazzini-soldato e i «sottomessi»
Uno studio militare dei pusher stabilisce la predisposizione in punti nevralgici delle sentinelle, spesso quei ragazzini-soldato, giunti in Italia da soli, vaganti tra comunità e carceri. Nelle prigioni hanno abitato anche i cosiddetti «sottomessi», quarantenni che si consegnano agli spacciatori, sono incaricati di accompagnare il tossicodipendente fra gli alberi scelti per la consegna, procurano cellulari intestati a proprietari fittizi, batterie di ricarica e cibo in scatola ché succede come nei bivacchi del West: non accendere fuochi per cucinare casomai si annunci la propria presenza a poliziotti e carabinieri, i quali ormai dedicano alla droga la prevalenza delle attività. Nel tempo i pusher hanno lasciato traccia nella geografia che da Varese muove verso Luino; qualcuno ha dormito nelle case dismesse, conseguenza dello spopolamento delle valli (i medesimi sindaci tardano nel far compiere ricognizioni catastali); altri hanno preso provvisoria dimora da donne prive del denaro per pagarli, e son rimasti lì, a dettare ordini e pretendere che venissero soddisfatti.

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