Omelie 2023 di don Giorgio: TERZA DOPO PENTECOSTE

18 giugno 2023: TERZA DOPO PENTECOSTE
Gen 2,4b-17; Rm 5,12-17; Gv 3,16-21
So di ripetermi, ma insisto. Talora il problema della Messa sono i brani scelti che, è vero, sono sempre in ogni caso Parola di Dio, indipendentemente se li riteniamo più o meno importanti, da commentare nell’omelia che dura circa una decina di minuti. Tuttavia, mettetevi nei panni del celebrante, che talora si trova in difficoltà sul brano da scegliere, per dire all’assemblea qualcosa di sostanzioso.
È il caso anche di oggi. La Liturgia ci offre tre brani che, per gli argomenti, per le problematiche, anche per le difficoltà di carattere esegetico (vedi il primo brano), mette in difficoltà qualsiasi teologo.
Quando preparo l’omelia, la domanda è sempre la stessa: che cosa dirò alla gente che mi ascolterà? E la gente è esigente: viene alla Messa anche per dissetarsi di una Parola che scenda nel profondo del proprio essere; una parola “diversa” dalle solite parole che sente tutti i giorni: in tv, al supermercato, in casa, nelle conversazioni con gli amici, ecc.
Il primo brano parla della creazione del mondo e dell’uomo, di un giardino chiamato Eden, di quattro fiumi e di due alberi: albero della vita e albero della conoscenza del bene e del male. Nel secondo brano Paolo parla della contrapposizione tra Adamo e Cristo: Adamo ha disobbedito a Dio trasmettendo il peccato cosiddetto originale, e il Figlio di Dio è venuto per riparare il male. Il terzo brano parla dell’incontro di Gesù con Nicodemo. E a peggiorare le difficoltà i tre brani sono solo una parte del racconto integrale.
Una prima riflessione. Che ci sia il male è sotto i nostri occhi, lo possiamo provare con le nostre esperienze personali. E la domanda viene istintiva, una domanda che è nata fin dall’inizio nel cuore dell’uomo: da dove proviene il male? C’è stato chi ha pensato a un duplice principio: quello del bene e quello del male. Le religioni cosiddette monoteiste, ovvero dell’unico Dio, non hanno mai ammesso il principio del male. E se Dio è unico, il male da dove viene? Dal Dio unico? No assolutamente. Pensate agli stessi antichi filosofi greci, pagani (Platone e Plotino, ad esempio), che avevano di Dio una concezione del tutto positiva: Dio è il Bene Sommo, Assoluto, da cui emana ogni riflesso di Bene: pensiamo alla bellezza come riflesso del bene, pensiamo alla verità, alla giustizia, ecc.
La Bibbia per spiegare l’origine del male ricorre a un mito, il che significa che le prime pagine della Bibbia non vanno prese alla lettera. Il mito, diceva già Platone, serve, è utile quando con la semplice ragione non arriviamo a comprendere il Mistero divino. Il mito è un insieme di immagini (un giardino, i fiumi, l’albero, il fango, ecc.), che ci fanno intuire qualcosa. Non ci si deve fermare alle immagini: capire che sono immagini è già tanto, visto che per secoli, forse ancora oggi, sono state lette le prime pagine della Genesi in senso letterale, con tutte le conseguenze, ovvero i duri scontri con la scienza.
Ma anche in questo caso, nel caso del mito, non ci troviamo di fronte a una bella favola moraleggiante: il mito con le sue simbologie contiene delle verità. E la verità è questa: Dio non è l’artefice del male, proviene dall’esterno di Dio. E qui le interpretazioni non finiscono mai per cogliere l’origine del male: interpretazioni le più disparate. Parlare di un peccato originale, da cui sarebbe venuto il male nel mondo, non soddisfa più. I Mistici hanno preso una strada diversa anche dal pensiero dei primi Padri della Chiesa, vedi Sant’Agostino, anch’egli con pallino fisso del peccato di Adamo.
I Mistici medievali parlavano di “amor sui”, che è il vero peccato originale, da cui proviene ogni male. In ognuno di noi c’è un ego che ci condiziona: un ego che è possesso, appropriazione, quel volere, potere, avere, sapere in proprio, con l’intento di distaccare il nostro essere interiore dal mondo del Divino.
Dunque, il male è il nostro ego, da cui proviene ogni diritto o pretesa di impossessarsi di tutto, per sé, come se fossimo Dio. Oggi poi l’ego si impone in modo mediatico: aprite la tv, e che cosa vedete? La faccia della tappetta. Leggete un giornale, e che cosa leggete? Le dichiarazioni della tappetta. E questo anche in altri campi, non solo quelli politici.
L’ego si impone, e con l’ego tutto il male possibile. La religione non basta a reprimere l’ego, anzi, secondo i Mistici, la religione è l’ego in persona, quando, con la scusa di sopprimere l’ego, si mette lei per traverso tra il nostro spirito interiore e il mistero Divino. Quando la religione, ogni religione, diventa un fine, è l’ego diabolico. La religione è solo un mezzo, uno strumento, e allora va bene.
Pensate alla originalità del Cristianesimo, nato nel purissimo pensiero di Cristo. Il Cristianesimo non è una religione, e se è diventato religione con il cattolicesimo, ha tradito il pensiero originale di Cristo.
Il puro Cristianesimo è Mistica, il che significa che è la Riscoperta del nostro essere interiore, e in noi la Riscoperta della Presenza del Divino. Senza alcuna esteriore mediazione. La Chiesa istituzionale può anche starci, dal momento che siamo anche corpo, e viviamo in un contesto carnale: ma la Chiesa istituzionale, se non ci porta dentro di noi, sarà sempre la nostra tentazione più diabolica.
Una Chiesa istituzionale che ci porta o ci lascia fuori di noi, o non ci permette di unirci misticamente con il mondo dello Spirito, pretendendo di fare da tramite, sarà sempre la nostra rovina, e la rovina di una società già di per sé sulla china verso il baratro.
Due frasi su cui riflettere.
La prima è di San Paolo (secondo brano). L’Apostolo parla della “grazia di Dio” come “dono concesso” per contrapporci al male dell’ego, scaturito da una disobbedienza al volere divino. Parole come “grazia”, come “dono”, come “volere di Dio” sembrano sparite dal vocabolario ecclesiastico.
La seconda frase è del Vangelo di oggi: “La luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».
San Paolo parlava di grazia come dono di Dio. Gesù a Nicodemo parla di luce, contrapponendola alle tenebre. La luce è il bene, le tenebre sono il male. La luce è vita, e le tenebre sono morte.
La grazia, dono di Dio, è luce che illumina ciò che siamo dentro. Fuori ci sono tenebre. Pensiamo a Giuda. L’evangelista Giovanni scrive: Giuda, preso il boccone da gesù, subito uscì”, dal cenacolo. “Ed era notte”.
Vengono i brividi, quando leggo: “Ed era notte”.

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