Due significativi interventi del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella

Agrigento – Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione della cerimonia d’inaugurazione di Agrigento capitale italiana della cultura 2025, oggi 18 gennaio 2025..
(Foto di Paolo Giandotti – Ufficio Stampa per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)

da www.quirinale.it

Intervento

del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella

alla cerimonia d’inaugurazione di Agrigento

capitale italiana della cultura 2025

Agrigento, 18/01/2025 (II mandato)
Rivolgo un saluto di grande cordialità a tutti i presenti, al Ministro della Cultura, al Presidente della Regione, al Presidente dell’Assemblea regionale, al Sindaco di Agrigento, al Presidente della Provincia e a tutti i Sindaci presenti, non spettatori, ma partecipi di questo ruolo che si apre con questa occasione, con questa giornata.
Un saluto a tutti i presenti, ai giovani, ai ragazzi, per questo anno straordinario che potete vivere e a cui potete partecipare.
Un saluto e un augurio particolarmente intensi ai cittadini di Agrigento. Da oggi, protagonisti della Capitale italiana della Cultura per il 2025.
Saluti e auguri che si estendono a quanti, sul territorio, saranno impegnati negli eventi in programma. A tutti i Comuni della provincia di Agrigento.
Tra di essi, ai lampedusani. Concittadini che le ferite del nostro tempo hanno reso avanguardia della civiltà europea. Espressione di cultura solidale.
Agrigento raccoglie questo prezioso testimone da Pesaro, nel centro dell’Italia. Che, a sua volta, lo aveva ricevuto dal nord del nostro Paese: da Brescia e da Bergamo.
Una catena di straordinario valore. Che, anno dopo anno, evidenzia il legame fra i diversi centri italiani. Ne mostra radici e progetti per il futuro. Ne pone in evidenza l’amicizia.
Mette in rilievo il valore degli scambi tra patrimoni culturali, il valore della conoscenza.
L’Italia è colma di luoghi carichi di storia, di arte, di bellezza.
Un patrimonio che, accumulato nei secoli, ne ha contrassegnato l’identità. Nel succedersi delle esperienze dei popoli che l’hanno abitata e accresciuta.
Nulla, più di questa parte della Sicilia, nulla, più di questa terra, è testimone del valore del succedersi delle civiltà.
Natura, storia, cultura, sono elementi del nostro patrimonio genetico.
Le metropoli italiane, mete di turismo crescente, non sono i soli centri di gravità. La ricchezza del nostro Paese sta nella sua pluralità.
Nella sua bellezza molteplice.
A fornire pregio particolare all’Italia sono proprio le sue preziose diversità, le cento capitali che hanno agito, nell’arco di secoli, come luoghi capaci di esprimere comunità.
Una grande ricchezza per il nostro percorso nazionale.
Eredità ricevuta dai nostri padri.
E tesoro da investire per il domani dei nostri figli.
Tante realtà, nelle regioni d’Italia, detengono inestimabili risorse che rischiano di deperire senza cura adeguata.
I molti tesori della penisola sono strettamente legati alle comunità che li hanno espressi, al loro peculiare sviluppo, e siamo consapevoli che ci sono, oggi, aree in sofferenza, abbandoni necessitati, rischi di spopolamento.
Riportare equilibrio nei luoghi dove la natura è stata forzata e in cui risiedono tanti beni della cultura italiana costituisce strada obbligata per favorire una crescita sostenibile, e per rafforzare il Paese nella sua interezza.
Uno degli intenti per Agrigento, in questo 2025, è quello di non essere soltanto lo spettacolare palcoscenico della Capitale della Cultura, ma di costituire sollecitazione e spinta per tante altre realtà italiane.
È una sfida per accrescere le opportunità dove oggi si sono ridotte.
Una voce che afferma che le periferie sono anch’esse motori di cultura e di progettualità.
Questa la sfida che il nostro tempo ci presenta.
Agrigento intende parlare al resto del Paese e all’Europa di cui è parte.
Agrigento, centro irradiatore dell’antica civiltà greca già nel sesto secolo avanti Cristo.
L’Akragas di Empedocle, che definì “radici” i quattro elementi che indicava come costitutivi del tutto: il fuoco, l’aria, la terra, l’acqua.
Questi quattro elementi sono ora stilizzati nel logo ufficiale di Agrigento Capitale della Cultura: per Empedocle l’unità degli elementi era la scintilla della nascita di ogni cosa, la separazione invece era causa di morte.
Un simbolo che ripropone la necessità di ricomporre, di rigenerare coesione, di procedere insieme.
Lo chiede il ricordo dei morti delle guerre che insanguinano l’Europa, il Mediterraneo e altre numerose, purtroppo, regioni del pianeta.
Lo impongono le tragiche violazioni dei diritti umani che cancellano la dignità e la stessa vita.
Lo esigono le diseguaglianze crescenti. Le povertà estreme, le marginalità.
Lo richiede il lamento della terra, violata dallo sfruttamento estremo delle risorse, con le sue catastrofiche conseguenze, a partire dal cambiamento climatico.
La cultura è una sorgente di umanità cui attingere per dotarci di un nuovo, indispensabile, dinamismo.
“Il sé, l’altro, la natura” recita il tema scelto da Agrigento.
La connessione tra cultura e natura – che avete posto al centro del vostro programma – è quanto mai attuale, incalzante.
La Valle dei Templi, meravigliosa scenografia vivente che domina queste terre da oltre duemila anni, diventa così l’icona più affascinante di quel binomio cultura-natura che si pone davanti al nostro tempo come una prova decisiva.
La nostra Costituzione è stata lungimirante, affiancando, nell’articolo 9, la promozione della cultura alla tutela del paesaggio.
Mai come adesso comprendiamo l’urgenza di un riequilibrio, di un nuovo sviluppo che potrà essere veramente tale solo se sarà sostenibile sul piano ambientale e sociale.
Mai come adesso abbiamo coscienza del fatto che l’opera delle istituzioni e le politiche pubbliche sono importantissime, e tuttavia non basteranno se non verranno sostenute da una corale responsabilità dei cittadini.
La percezione del bene comune è cultura.
È cultura il sapere di chi è aperto alla conoscenza del mondo, di chi ha sete di conoscere altri uomini, di chi sa che la vita è frutto dell’incontro.
La cultura, cioè, è la vita.
Un sentiero in cui l’uomo è in perenne movimento, a contatto con la propria storia, con quella degli altri.
Le scoperte e la loro condivisione accrescono le opportunità.
Non è una condizione statica, l’inerzia che nutre la storia, bensì la crescita del sapere che si trasmette e si diffonde.
La crescita dell’incontro, del dialogo.
Il cammino di Agrigento nei secoli ne dà testimonianza.
L’Akragas dei greci.
L’Agrigentum dei romani.
La Kerkent degli arabi.
La Girgenti siciliana di secoli addietro.
Italiani da ogni regione saranno richiamati dal vostro patrimonio culturale, dalle proposte che saprete avanzare. Concittadini di ogni Paese d’Europa, turisti da ogni provenienza.
Una frequenza di incontri, di volti, di lingue, di esperienze, di curiosità, destinati a lasciare il segno, ad arricchire le reciproche capacità di comprensione, l’identità di ciascuno.
In questo stesso anno l’Italia condividerà con la Slovenia la responsabilità di essere Capitale europea della Cultura con Gorizia e Nova Gorica.
Una scelta di altissimo valore in un’area storicamente gravata da conflitti che oggi hanno saputo tradursi in collaborazione e amicizia nell’Unione europea.
Dove frontiere contrapposte avevano separato, oggi l’Europa unisce.
In un luogo, come Agrigento, ove il patrimonio monumentale è dominante, potrebbe prevalere la convinzione che cultura sia ammirazione delle vestigia del passato.
Ma la cultura non ha lo sguardo volto all’indietro. Piuttosto ha sempre sollecitato ad alzarlo verso il domani.
Diceva Thomas Eliot: “Se smettiamo di credere al futuro, il passato cesserà di essere il nostro passato: diventerà il passato di una civilizzazione estinta”.
Ricordare, tener conto delle lezioni del passato, è fondamentale, ma la storia è levatrice dell’avvenire.
Essere fedeli alla propria storia significa, appunto, costruire il futuro.
Nel nostro caso l’Italia, con i giacimenti culturali che ovunque la contraddistinguono, è essa stessa lezione di dialogo, di pace, di dignità, per l’oggi e per il domani.
Ne parlerete in questo anno. Sapendo che il tema decisivo che investe la cultura è come farne perno di comunità. Come far diventare la conoscenza, l’arte, la cultura, un bene comune, un patrimonio davvero condiviso.
Una risorsa sociale che fa crescere e protegge i beni più preziosi: la libertà, l’eguaglianza dei diritti, il primato della persona, di ogni persona, la solidarietà.
Luigi Pirandello – cui questo teatro è dedicato – avrà un posto d’onore in quest’anno.
Con la sua sagacia, con la sua ironia, con le sue maschere, con la sua capacità di scavare nell’animo umano.
Nel ricordare Pirandello, ci accompagna e ci aiuta Andrea Camilleri, anch’egli figlio di queste terre.
“Chi era Sancho Panza? Chi era don Abbondio? – domandava Pirandello attraverso uno dei personaggi in cerca d’autore – Eppure vivono eterni, perché ebbero la ventura di trovare una matrice feconda, una fantasia che li seppe allevare e nutrire, far vivere per l’eternità”.
Viviamo un tempo in cui tutto sembra comprimersi ed esaurirsi sull’istante del presente.
In cui la tecnologia pretende, talvolta, di monopolizzare il pensiero piuttosto che porsi al servizio della conoscenza.
La cultura, al contrario, è rivolgersi a un orizzonte ampio, ribellarsi a ogni compressione del nostro umanesimo, quello che ha reso grande la nostra civiltà.
Ad Agrigento, in Sicilia, in tutto il nostro Paese, nella nostra amata Italia.
Guardiamo con speranza a questo anno da vivere insieme con la voglia di accogliere, di conoscere, di dialogare, di compiere un percorso affascinante, in compagnia gli uni degli altri.
Buon anno da Capitale della cultura!

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da www.quirinale.it

Intervento del Presidente della Repubblica

alla cerimonia di inaugurazione

del 70° anno accademico

dell’Università del Salento

Lecce, 17/01/2025 (II mandato)

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla cerimonia di inaugurazione del 70° anno accademico dell’Università del Salento
(foto di Francesco Ammendola – Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)

Desidero brevemente esprimere gli auguri all’Ateneo in questa occasione.
Rivolgo un saluto anzitutto al Magnifico Rettore, alle Autorità regionali, al Sindaco di Lecce, di Monteroni, che ci ospita, agli altri Sindaci del Salento presenti, ringraziandoli per il loro impegno e la loro attività.
Un saluto ai Rettori e ai rappresentanti di altri Atenei, al personale amministrativo e tecnico e, soprattutto, alle studentesse e agli studenti di UniSalento.
Sono grato al Rettore per avermi invitato in questa occasione che, oltre a prevedere il sempre suggestivo momento di apertura dell’anno accademico, ricorda i settant’anni anni dell’Ateneo.
Una ricorrenza così rilevante induce a collegare i due momenti, di allora e di oggi, e sono stati ben sottolineati questa mattina.
A nome di tutti ringrazio – per quello che abbiamo ascoltato – il Presidente del Consiglio degli studenti, il Presidente della Consulta del personale tecnico – amministrativo, il Rettore, per la sua relazione così interessante, ampia e completa e per la lectio coinvolgente di Massimo Bray.
Collegare il momento di nascita dell’Ateneo con quello di oggi, a settant’anni.
Quel momento, nei primi anni ‘50, con l’Italia ancora dentro le difficoltà della devastazione della guerra, con i territori in difficoltà.
Va ricordata l’intuizione e il grande merito lungimirante – come è stato sottolineato poc’anzi – dei cittadini, di persone, di coloro che hanno immaginato, proposto, assecondato, condiviso, appoggiato, così diffusamente, nel popolo del Salento, la decisione di investire sulla cultura, non soltanto come decisivo elemento di crescita sociale, di piena cittadinanza di ciascuno, ma anche come motore di sviluppo del territorio.
È stato quello un momento di meridionalismo adulto, protagonista.
Quel momento va collegato a quello di oggi, mi sembra, da quanto abbiamo ascoltato. Non soltanto perché l’Ateneo, che ha contribuito allo sviluppo del territorio, continua a promuovere, accompagnare questo sviluppo, ma anche perché l’Ateneo offre, così come le altre Università del nostro Paese, in questo momento storico, l’opportunità di dare una risposta alla ricerca di nuovi assetti nelle condizioni che mutano.
Quanto avviene, mutamenti così profondi, veloci, radicali, dalla Intelligenza Artificiale, alla grande intensità di strumenti di comunicazione e di connessione, mutano le condizioni della vita del mondo e vi è l’esigenza di individuare nuovi equilibri, e questi vanno trovati attraverso la cultura.
È questo il compito che gli Atenei svolgono e che, in questo territorio, svolge questo Ateneo.
Si tratta – come è stato detto poc’anzi- di stimolare la ricerca, la trasmissione del sapere, nel collegamento tra le varie discipline di studio e di scienza, senza loro separazione, ma con loro convergenza, interagendo fra di esse, per porre sempre al centro di queste trasformazioni la persona umana.
Vi è un’esigenza di richiamare in questi mutamenti così radicali, profondi, la centralità della persona, dei suoi diritti, della sua libertà. Un’esigenza costante, quindi, di richiamare questo che in realtà è il centro, il perno, della civiltà europea: la persona al centro e, quindi, il dialogo, il rispetto reciproco, il confronto, l’attenzione alle altrui opinioni, il dubbio.
Questo è il centro del messaggio – come poc’anzi abbiamo ascoltato – che le Università trasmettono, non soltanto come centri del fondamentale impegno di trasmissione del sapere e delle conoscenze, ma anche di luogo di ricerca, di riflessione, di confronto, di ricerca – appunto – del senso della convivenza che si sviluppa e che muta.
E quindi con consapevolezza del dovere e del beneficio del dubbio, del valore della problematicità, nella continua ricerca del confronto, del dialogo, dell’ascolto. Questo è il ruolo dei nostri Atenei, di UniSalento, delle altre nostre Università.
In questa stagione vi è un immenso bisogno di questo contributo di riflessione scientifica, di trasmissione di cultura, per sapere governare i grandi mutamenti che aprono prospettive suggestive per la vita dell’umanità, ponendo sempre al centro la persona e i suoi diritti.
Nel trasmettere sapere, nel riprendere l’esperienza che mille anni fa conduceva i clerici vagantes a girare di sede in sede, al di là dei confini, per cercare insieme sapere e approfondimenti.
Questo è il compito delle Università e non sarà mai sufficiente, da parte mia, esprimere la riconoscenza per quanto fanno.
Auguri, buon anno accademico.

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da Il Corriere della Sera

Agrigento Capitale della Cultura:

quelle strade asfaltate coprendo tutti i tombini.

E i quartieri restano senza acqua

di Felice Cavallaro
Il governatore della Sicilia Schifani: «Per il futuro confronti continui»
Strade asfaltate in fretta ad Agrigento
AGRIGENTO – Nella città dei Templi si accende qualche luce sulle ombre con l’inaugurazione di Capitale della Cultura, fra tanti studenti e 43 sindaci che applaudono sotto la riparata volta del Teatro Pirandello. S’è imbellettata la vecchia Girgenti, provando a non sfigurare con il Presidente Mattarella, anche a costo di attrarre qualche amara ironia. Come succede in via Atenea, fra caffè e brioches del Gambrinus, quando l’elicottero presidenziale non è ancora atterrato sul campo sportivo, sopra un tappeto verde, un finto prato steso a rotoli.
Ultima trovata dopo l’agitata riunione di venerdì con il governatore Renato Schifani irritato da critiche, ritardi e intoppi. Arrivato in prefettura con un assegno da 500 mila euro per asfaltare di volata le strade, dallo stadio Esseneto al Pirandello. Giusto per evitare sussulti alla berlina del Capo dello Stato, coprendo buche e crepe ben note agli agrigentini, sorpresi dal vorticoso attivismo attorno a camion e rulli compressori. Senza il tempo di scarificare, buttando giù di corsa bitume sul vecchio, coprendo tutto, compresi i tombini.
Ed è su questo dettaglio che gli avventori del Gambrinus restano inchiodati a una telefonata ricevuta sul cellulare da un fontaniere dell’acquedotto (Aica) in pausa caffè. Un operaio pronto a scusarsi con il condomino di uno dei palazzi di via Manzoni, zona Esseneto, suo conoscente: «Lo so che non vi abbiamo potuto dare acqua anche se era il vostro turno settimanale. Ma ci hanno asfaltato saracinesche, rubinetti, tombini, tutto».
Significa che, chiusa la festa d’apertura, nella Capitale a corto d’acqua anche quando diluvia bisognerà scavare per trovare i rubinetti perché così funziona ancora la distribuzione. Inevitabili le battute sarcastiche. Come quelle sulla pioggia in teatro. O le sgrammaticature sui cartelli Anas. Incidenti estranei all’organizzazione della Capitale, ma in un contesto che arranca attorno a un’occasione d’oro per alimentare consistenti flussi di viaggiatori. Da accogliere in una città che non costruisce nuovi alberghi, ma si prepara ad abbattere il più grande. Lo storico Jolly dei Templi, 140 camere, stupenda piscina, a ridosso del Palacongressi di villaggio Mosè. Pronte le ruspe. Se l’è comprato un ex sindaco che ha ottenuto il via libera per farne un centro commerciale. Permessi legati a un cambio di destinazione d’uso vagliato da un compiacente Consiglio comunale. Le carte saranno a posto. Ma dubbi e insinuazioni corrono senza che nessuno se ne dolga. Fatta eccezione per il direttore del Parco archeologico, Roberto Sciarratta, che sul Palacongressi sta puntando per allestire un richiamo stabile: «Portiamo qui la Biblioteca Pirandello, apriamo punti di informazione e di spettacolo per i turisti…».
Ecco qualche innovazione estesa anche alla casa natale di Pirandello dove il Parco vuole cancellare l’orrore di una ristrutturazione elettronica, con tavoli, poltrone, arredi finiti in magazzino. «Li rimetteremo al loro posto», promette Sciarratta, comunque lieto che con l’arrivo di Mattarella e del ministro Alessandro Giuli sia scattata una scossa. In linea con Schifani che per il futuro impone confronti continui fra i suoi assessori, sindaco e vertici della Fondazione guidata da Gianfranco Minio. Quasi un commissariamento. Forse restituendo un po’ di spazio anche a Lampedusa, visto che l’ex sindaco Totò Martello già invoca provocatoriamente il distacco da Agrigento: «Meglio diventare un comune della provincia di Palermo».
Resta l’appello di Gaetano Aronica nel video d’apertura con un «Curri Pippì» gridato a un bimbo che è la città, perché corra e non perda altro tempo. Efficace come la testimonianza di Gianfranco Jannuzzo, «Girgenti amore mio», accompagnato dalla chitarra di Francesco Buzzurro, seguito dal richiamo al rispetto, invocato da Natalia Re, presidente del «Movimento per la gentilezza». Chiave d’accoglienza.

 

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