I fascisti sono sempre fascisti, ieri e oggi…

da AVVENIRE
20 agosto 2022
Testimoni.

Ravenna ricorda

il sacrificio di don Minzoni 99 anni dopo

di Quinto Cappelli
Due momenti per ricordare il sacerdote ucciso dai fascisti il 23 agosto 1923
Con due manifestazioni Ravenna ricorda il 99° anniversario della morte di don Giovanni Minzoni, parroco di Argenta (provincia di Ferrara ma arcidiocesi di Ravenna-Cervia), educatore, sacerdote attento ai diritti dei lavoratori, ucciso il 23 agosto 1923 da due fascisti della zona.
Lunedì alle 18 deposizione di fiori alla lapide di piazza Garibaldi, cui seguirà un incontro con lettura di brani del diario di don Minzoni, il saluto del sindaco Michele de Pascale e l’intervento dell’ex deputata Albertina Soliani. Appuntamento organizzato dal Centro Studi Donati, Acli, Associazione Zaccagnini, Azione Cattolica, Cif, Agesci e Masci. Martedì l’arcivescovo Lorenzo Ghizzoni celebrerà una Messa di suffragio alle 18 nella chiesa San Nicolò ad Argenta.
Nato a Ravenna nel 1885, Minzoni entrò in seminario nel 1897 e nel 1909 fu ordinato sacerdote. Durante gli anni di formazione entrò in contatto con Romolo Murri e il modernismo teologico, avvicinandosi al movimento democratico cristiano. L’anno seguente fu inviato ad Argenta, di cui divenne parroco dopo la fine della Grande guerra, durante la quale prestò servizio come cappellano militare ottenendo la medaglia d’argento al valore militare. Poco prima dello scoppio del conflitto si era recato a Bergamo per studiare alla Scuola sociale della diocesi.
Ad Argenta promosse la costituzione di cooperative di ispirazione cattolica tra i braccianti e le operaie del laboratorio di maglieria, il doposcuola, il teatro parrocchiale, la biblioteca circolante. un turbine di iniziative. Grazie all’incontro con don Emilio Faggioli, fondatore del gruppo scout “Bologna I” e poi assistente ecclesiastico regionale dell’Asci, don Minzoni si convinse della validità dello scautismo, per cui decise di fondare un gruppo scout nella propria parrocchia.
Nel lembo di pianura padana tra Ferrara e Ravenna in quegli anni si respirava un clima pesante, con scioperi, repressioni violenze. Nel 1921 fu vittima dello squadrismo fascista il sindacalista socialista Natale Gaiba, consigliere comunale ad Argenta e amico di don Minzoni. Questo e altri episodi convinsero il sacerdote ad opporsi esplicitamente al fascismo già prima della marcia su Roma. Si iscrisse al Partito Popolare e rese nota la cosa nell’aprile del 1923.
Pochi mesi dopo, la sera del 23 agosto, intorno alle 22.30, mentre stava rientrando in canonica in compagnia di un giovane parrocchiano, Enrico Bondanelli, don Minzoni fu aggredito da due fascisti di Casumaro, frazione del comune di Cento, che lo colpirono violentemente con un bastone procurandogli una frattura cranica. Don Minzoni riuscì in un primo momento a rialzarsi, ma dopo pochi passi cadde sulle ginocchia. Bondanelli, con grande difficoltà, lo aiutò ad arrivare a casa, dove venne visitato da un medico, ma dove morì attorno alle mezzanotte.

1 Commento

  1. luigi egidio ha detto:

    Mia suocera militava nell’Azione cattolica, ma a farmi conoscere don Minzoni è stato don Mario vice parroco del suo paese. Il parroco con simpatie di destra alle elezioni comunali ostacolava suo fratello. La sinistra ha governato con metodo stalinista il paese per molto tempo anche grazie al parroco (testimonianze popolari). Hanno perso le elezioni quando si è rotta l’unità tra comunisti e socialisti. Non so se era paragonabile a don Camillo e Peppone. Forse don Camillo ma più che Peppone, Peppino. Il vice parroco era soffocato dal parroco nonostante il consenso popolare. Lo faceva vivere miseramente. Dopo anni quando è stato trasferito ha chiesto di andare lontano per non subire il parroco. Gli avevano offerto una parrocchia vicina (la peggiore, basta il via vai che è avvenuto nel cambio di parroci del quale con uno ho avuto un’esperienza diretta traumatica). Dove è andato ha vissuto per molto tempo prima di ritirarsi per ragioni di salute. Si è scusato con me per avermi trascurato, ma la responsabilità non era solo la sua, ma anche la mia che non frequentavo più le lezioni che faceva sui salmi. Non è una storia inventata. Ha ragione don Giorgio i fascisti son sempre fascisti sono come il lupo che perde il pelo ma non il vizio. Alle bastonate in testa ti mettono ai riposi forzati. All’olio di ricino che hanno dato al nonno di mia moglie perchè ciocc al parlava de par lu hanno sostituito lo sputtanamento mediatico. Non sta avvenendo così in queste elezioni dopo averci resi orfani di Draghi, persona sobria che sapeva governare il Paese?

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