Omelie 2023 di don Giorgio: XII DOPO PENTECOSTE

20 agosto 2023: XII DOPO PENTECOSTE
2Cr 36,11-21; Rm 2,12-29; Mt 11,16-24
Mi soffermerò sul primo brano della Messa. Prima di fare qualche riflessione, ritengo necessaria qualche annotazione di carattere storico, se vogliamo comprendere ciò che narra l’autore sacro.
In breve. Dopo la morte del re Salomone, figlio di Davide, avvenuta attorno all’anno 930/920 a.C., il regno unito d’Israele, che era nato con il re Saul, si divise in due tronconi indipendenti: uno Stato a Nord, denominato regno di Israele, con capitale Samaria, e uno a Sud, denominato il regno di Giuda, con capitale Gerusalemme. Il regno del Nord cessò di esistere nel 722 a.C., anno della conquista assira e della deportazione della popolazione in Mesopotamia. Il regno del Sud, o di Giuda, durò più a lungo. Qui la storia è più complessa, anche per le rivalità tra gli egiziani e i babilonesi, e per l’alternarsi di alleanze dei re israeliti o con gli egiziani o con i babilonesi. Nel 605 i babilonesi in una battaglia sconfiggono gli egiziani e la regione siro-palestinese cade sotto il dominio babilonese. Nel 601 a.C. il re di Giuda Ioiakim si ribella confidando nell’aiuto egiziano. Il re babilonese Nabucodonosor va contro il regno di Giuda e conquista Gerusalemme nel 597 a.C.. Deporta il re e una parte della classe dirigente del regno e nomina come re Sedecia, il quale, nonostante il parere contrario dei profeti Geremia e Baruc che consigliano realisticamente la sottomissione a Babilonia, si ribella contro Babilonia nel 589 a.C., e Nabucodonosor torna in Giudea e conquista Gerusalemme nel luglio-agosto del 587 a.C.. Il tempio viene radicalmente distrutto e gran parte della classe dirigente e della popolazione viene esiliata a Babilonia. La prigionia babilonese cesserà nel 538 a.C. quando il re persiano Ciro il Grande conquista Babilonia e permette agli Ebrei di tornare in Palestina. Fermiamoci qui.
Facciamo qualche riflessione rileggendo il primo brano. L’autore sacro descrive in modo del tutto negativo la figura di Sedecia, diventato re giovanissimo, aveva ventun anni, forse per questo imposto come re dai Babilonesi, per manovrarlo più facilmente. Ma il re ascolta i cattivi consiglieri, e non la voce dei profeti di Dio, che in questo caso usando il buon senso consigliano il re di stare buono buono, visto che i Babilonesi erano già intervenuti duramente.
Vorrei porre una domanda: chi ascoltiamo noi, quando ci troviamo in momenti difficili? Non basta che gli amici siano in buona fede, ma la buona fede serve a nulla, se i consigli sono sbagliati, anzi la buona fede condiziona la nostra buona fede, perché ci fidiamo di amici che ci consigliano male, magari in buona fede.
Quanti consigli sbagliati che hanno lasciato un segno negativo nella nostra vita! Quanti rimorsi per aver ascoltato falsi amici o amici sinceri ma con poco cervello!
E quando penso ai giovani, sto male, al pensiero di come si lascino condizionare da guide false. Guide giuste nel momento giusto, dove sono? Ci sono, ma non si accettano da loro i consigli migliori. In fondo, accettiamo solo consigli che ci fanno comodo al momento.
Qualcuno si chiederà: anche i profeti facevano politica, consigliando o sconsigliando alleanze politiche? Sì, se prestiamo fede a ciò che scrive l’autore sacro. E notiamo una cosa: in certi casi, i profeti usavano il buon senso, quello che dice: stai col più forte, non ribellarti!, come nel caso di Sedecia. Ma il più delle volte sconsigliavano di allearsi coi più forti, perché il più forte è sempre Lui, il Dio dell’Alleanza, che talora si serve dei più deboli per sconfiggere i più forti.
In ogni caso, l’autore sacro dice chiaramente: la voce dei profeti va ascoltata, sia che ti sembra giusta la cosa che dice o ti sembra che sia assurda o irrazionale, per il motivo che il profeta parla in nome di Dio, di quel Dio che sa leggere profondamente nella storia, al di là della razionalità degli eventi. Dio è l’Intelletto purissimo, in quanto è Spirito purissimo, perciò è l’Unico a leggere nella storia, in profondità, al di là delle apparenze che solitamente guidano gli uomini di potere.
Tremendo, brutale quanto dice l’autore sacro: il re Sedecia «indurì la sua cervice e si ostinò in cuor suo a non far ritorno al Signore, Dio d’Israele». L’espressione “cuore indurito” o “dura cervice” è diventata famosa per indicare l’ostinazione di una mente perversa.
Nel libro dell’Esoso, 32,7-9, troviamo: «Allora il Signore disse a Mosè: “Va’, scendi, perché il tuo popolo, che tu hai fatto uscire dal paese d’Egitto, si è pervertito. Non hanno tardato ad allontanarsi dalla via che io avevo loro indicata! Si son fatti un vitello di metallo fuso, poi gli si sono prostrati dinanzi, gli hanno offerto sacrifici e hanno detto: Ecco il tuo Dio, Israele; colui che ti ha fatto uscire dal paese di Egitto”. Il Signore disse inoltre a Mosè: “Ho osservato questo popolo e ho visto che è un popolo dalla dura cervice».
Noi oggi diremmo: essere “duri di comprendonio”. Del resto l’aveva già detto lo strano Pellegrino, il Cristo risorto, quando ha rimproverato i due discepoli di Emmaus di essere “stolti e lenti di cuore”.
C’è di più. L’autore sacro condanna quel peccato, che era il massimo per gravità per un ebreo, perché tradiva l’Alleanza con l’Unico Dio: era il peccato di idolatria, condannato soprattutto dai profeti. Ma, attenzione, i profeti non sono mai stati ascoltati non solo dal popolo, ma anche dagli uomini di potere politico e religioso.
I profeti hanno sempre avuto vita difficile, anche uccisi, proprio perché voce della coscienza, che è la stessa voce di Dio. E i profeti non condannavano solo i peccati privati, anche questi, ma quel peccato che era la fonte di ogni male, ovvero l’idolatria, che è la sostituzione del vero unico Dio con altre divinità: idoli, ovvero immagini più o meno rozze, un vitello d’oro, con la stessa realtà divina, che non vuole immagini, perché ogni immagine, direbbero i Mistici medievali, sono un ostacolo all’unione con Dio.
L’idolatria è sempre stato il più grave peccato di ogni religione, che si fa un suo dio, una specie di immagine di se stessa, della propria struttura.
Ogni religione impone come dio se stessa, la sua struttura, e perciò è un ostacolo se vogliamo cogliere l’essenza divina. Per questo la Mistica ha messo al suo giusto posto la religione, la stessa Chiesa istituzionale, dicendole chiaramente: tu non fai più da tramite tra il mondo interiore di ogni essere umano e il tuo dio.
Ogni religione è solo un mezzo, non un fine: un mezzo, se serve a farmi incontrare con l’Unico Dio, che è purissimo Spirito, che è dentro di me in tutta la sua più assoluta libertà.
Secondo l’autore sacro e i profeti Dio ha sempre punito il suo popolo, il popolo eletto, a causa della sua idolatria o infedeltà all’alleanza con l’Unico Dio, quel Bene Sommo, come dicevano già gli antichi filosofi greci, da cui direttamente emana ogni bene, senza la mediazione di strutture sempre disposte a cedere al peccato d’idolatria.

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