Ogni anno il Natale assume le più svariate forme di diavolerie senza pudore…

L’EDITORIALE
di don Giorgio

Ogni anno il Natale assume

le più svariate forme di diavolerie senza pudore…

Non credo che ci sia una festa che abbia finora superato il Natale per popolarità oltre i confini religiosi, per un’attesa spasmodica e febbrile in un crescendo davvero impressionante e inarrestabile per tutta una serie di emozioni sempre più sensoriali, per una programmazione anche caotica per non dire pazzesca di iniziative di tutti i colori politici e di tutte le tendenze religiose, quasi a travolgere perfino conventi e monasteri, se non direttamente ma immergendoli senz’altro in una nebbia di pesantezza da togliere il respiro alle anime più mistiche, e così da creare quasi un diaframma tra l’umano e il divino, tra la terra e il cielo, nonostante le ripetute e accorate invocazioni dell’antico anonimo profeta, “Se tu squarciassi i cieli e scendessi…”, in un gioco anche stridente di note e di suoni…
Ogni anno il Natale assume le più svariate forme di diavolerie senza pudore…
E allora mi chiedo, non senza una spinosa sofferenza: non c’è una via d’uscita per rompere questo intreccio sempre più avvolgente di carnalità che gridano vendetta al cospetto di quel Dio che neppure lui forse riesce ad aprire uno squarcio di luce? Ma siamo così perversi noi creature da mettere in difficoltà lo stesso Creatore?
E se penso a questa folla immensa immersa nelle tenebre, in balìa di una tempesta di sabbia cocente, penso alla solitudine di individui ridotti a un io tanto solo quanto staccato dall’Uno divino. E mi chiedo: dove sono i profeti, i saggi, i giusti, gli illuminati, i leader, i responsabili delle nazioni e delle chiese, i capi politici e religiosi, con quel loro senso del dovere di mettere a rischio la loro stessa esistenza fisica pur di tirar fuori dalle sabbie mobili almeno qualcuno di questi individui, figli nonostante tutto dell’umanità e del Dio immenso?
Dio mio, ma almeno restituiscici qualcosa di quel Genio del passato, qualche sprazzo di luce di una schiera, così assicura la Chiesa, di santi e di martiri, di mistici e di filosofi, di artisti nobili di quel Divino che hanno lasciato sì nella storia qualche segno ancora visibile, ma che non basta per scuotere una tale immobilità da richiedere quel fuoco di cui parlava Giovanni il Battista e poi lo stesso Gesù Cristo. Ricordiamo:
«In quel tempo Gesù disse: “Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto! Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera» (Lc 12, 49-53).
Cristo non temeva di disturbare le coscienze assopite di una folla amorfa. Forse a quei tempi Cristo aveva a che fare con gente con altri problemi, in situazioni politiche del tutto diverse, senza quella fortuna, diciamo così, di un progresso che lungo i secoli ha portato un certo benessere materiale, tuttavia senza soddisfare quella sete di essenzialità che è in ogni essere umano.
E l’uomo moderno apparentemente libero si è azzoppato da solo, confondendo la libertà come quel volere e pretendere tutto per sé, riducendosi uno straccio calpestato da tutti. E se un tempo, schiava di padroni senza scrupoli, la gente comune viveva di fede in un Dio eccelso, oggi, schiavi di altri padroni, gli idoli del consumismo, siamo diventati massacratori di ogni sentimento sacro. Il Natale è un esempio, che dovrei definire lo scempio più blasfemo di ciò che è rimasto di più sacro. Ma quanto ne è rimasto? Qualche lattina vuota di birra bevuta alle cene pre-natalizie, magari dopo aver confessato i giovani che, più che della grazia divina, hanno sentito sete di birra.
Certo, è del tutto inutile dire: “Ai miei tempi…”, o “A quei tempi in cui…”, forse se oggi siamo così conciati male è perché il passato non è stato proprio del tutto educativo. Non credo che i profeti agissero solo per il loro tempo, avevano uno sguardo che andava oltre, e non basta dire che i profeti con lo sguardo troppo in avanti venivano fatti fuori. E quando si parla di profeti, dovremmo andare oltre le singole persone, e considerare quella profezia comune o della gente comune che è il substrato di ogni saggezza che va oltre il tempo.
Certo, se dovessimo guardare la gente comune di oggi, che futuro possiamo sperare?
Ma non dobbiamo limitarci a porci delle domande. Se abbiamo fede, non possiamo dubitare dell’onnipotenza divina, che però è tutta in quell’essenzialità che purifica ciò che è impuro.
Dobbiamo pur fare qualcosa per liberare il Natale di ogni impurità! Forse dire “qualcosa” non basta. Forse vuol dire tutto ciò che dovremmo fare, in quanto credenti nell’Unico Bene Necessario.
21 dicembre 2024
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