22 maggio 2022: SESTA DI PASQUA
At 21,40b-22,22; Eb 7,17-26; Gv 16,12-22
Partiamo dal primo brano, del libro “Atti degli apostoli”, scritto da Luca, autore anche del terzo Vangelo.
L’apostolo Paolo di nuovo pubblicamente ricorda la sua conversione, da persecutore dei cristiani a infaticabile e coraggioso missionario del Vangelo del Cristo risorto.
La cosa che ci interessa qui è quando Paolo dice: “Io perseguitai a morte questa Via, incatenando e mettendo in carcere uomini e donne”.
La parola “via” traduce in italiano il greco “odòs”, che vuol dire appunto “cammino”.
I primi seguaci del Cristo risorto, oltre che “santi”, “fratelli”, “cristiani”, erano anche chiamati i “seguaci della Via”.
Fino a qualche tempo fa la Chiesa aveva tradotto la parola “odòs” con “dottrina”; finalmente la nuova versione del testo biblico traduce esattamente il termine greco “odòs”, che significa appunto via, cammino.
Sarei tentato di aprire una parentesi sulle dannose conseguenze di termini tradotti male: basta poco per travisare il senso originale di una parola, e ne derivano conseguenze imprevedibilmente fuorvianti.
Immaginate che cosa abbia comportato l’aver identificato il Cristianesimo in una dottrina, che poi produrrà una serie di dogmi che non faranno che tradire il cuore del Cristianesimo stesso, che è anzitutto un cammino che conduce al cuore dell’essere umano, che è spirito, prima che dottrina, è intelletto divino prima che dogma.
Perché dimenticare che Gesù ha detto di se stesso: “Io sono la via, la verità e la vita?”.
“Io sono la via”, ha detto Gesù, dunque il Cristianesimo è la Via, i cristiani sono i seguaci della Via, che è Verità e Vita.
La Verità e la Vita non sono anzitutto una dottrina, un dogma, ma una Via che conduce il credente verso l’infinito mondo del Divino.
Sì, d’accordo, ogni strada ha i suoi cartelli indicatori, ha i suoi paletti oltre i quali non si può andare per non uscire fuori strada o in un burrone.
Ma le vie dello Spirito sono anzitutto imprevedibili e poi vanno in tutte le direzioni che portano al Mistero divino, che, essendo infinito, richiede una varietà di strade del tutto originali.
Dunque, diciamo vie molteplici, direi infinite quelle dello Spirito, ma che portano tutte alla stessa Sorgente, quella divina.
Già dire che la via è una sola, ed è quella indicata o addirittura imposta dalla religione è qualcosa di mostruoso. Tutti intruppati sulla stessa via, ma che conduce dove?
La cosa assurda è quando noi pretendiamo di dettare le norme allo Spirito, che, come ha detto Gesù, è come un vento che “soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito”.
Dunque le strade dello Spirito sono infinite, non si possono né restringere né allargare a modo nostro. E nemmeno la Chiesa lo deve fare, ma lo ha fatto e tuttora lo fa imponendo dogmi su misura di una struttura, quella ecclesiastica, che porta lontano dal Mistero divino.
Gesù ha detto “Io sono la via”, Lui è l’unica via, ma non vuole che la sua Chiesa dica “Io sono la via”: la Chiesa casomai indica qual è l’unica via, che è Cristo stesso, il Cristo risorto.
E qui mi riallaccio al brano del Vangelo di oggi, quando Gesù dice ai suoi discepoli: «Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità…».
Possiamo ricordare altri passi del Vangelo di Giovanni, dove appunto si dice la stessa cosa, anzi ancor più esplicitamente. Più o meno così: “Se io non me ne vado, dice Gesù, non potrà venire lo Spirito santo, che potrà insegnarvi la verità nella sua interezza”.
Che cosa vuol dire: “se io non me ne vado”? Gesù deve andarsene fisicamente o carnalmente da questo mondo, ovvero deve morire su una croce, ed è proprio sulla croce, mentre muore fisicamente, che Cristo dona il suo Spirito.
Credere ancora oggi, come fa la Chiesa, nel Cristo storico è far sì che lo Spirito sia del tutto inefficiente, e che noi non possiamo accostarci alla Verità.
Solo nello Spirito possiamo cogliere la verità nella sua interezza.
Una Chiesa che crede nel Cristo cadaverico è anche essa cadaverica. Pensate a certi riti, a certe formalità, al culto dei santi e delle reliquie, a formulari di preghiere che farebbero ancora oggi inorridire i grandi Mistici del passato.
Quando noi pensiamo a Gesù, dobbiamo pensarlo risorto, nel suo Spirito che ci ha donato sulla croce.
Quando penso alle parole di Gesù: “Se io non me ne vado, non verrà a voi lo spirito”, mi vengono in mente le parole di Giovanni il Battista: “Lui (cioè Gesù) deve crescere, e io diminuire”.
Gesù ha detto la stessa cosa in riferimento al suo corpo: “Lui (ovvero lo Spirito) deve crescere, io, Cristo storico”, devo diminuire”.
Deve diminuire fino a scomparire il Cristo storico per lasciare il posto al Cristo della fede o al Cristo mistico, che è il dono dello Spirito.
È solo nello Spirito che possiamo unirci al Mistero divino, che è Spirito. Solo nello Spirito potremo avvicinarci al Mistero divino, come verità, come luce, come vita.
Il difetto delle religioni, di ogni religione, è questo: pretendere di far star bene l’uomo al di fuori della sua realtà interiore, che è spirito.
Ogni religione è di per sé carnale, un organismo o struttura carnale, e in questo organismo o struttura carnale si pretende di unire l’uomo con Dio: l’uomo nella sua carnalità con un dio che è carnale, in quanto idolo/immagine della stessa struttura religiosa.
Ed è qui la tragedia di una umanità vittima della sua stessa carnalità, sia civile che religiosa.
Lo Spirito sconvolge tutto, portando l’essere umano nella sua più profonda interiorità, là dove il Mistero divino si manifesta nella sua purezza.
Cristo ha detto: “Se io non me ne vado, non scompaio, come Cristo storico, come Cristo uomo, non verrà a voi lo Spirito”. E allora possiamo avere la risposta del perché la Chiesa istituzionale e di conseguenza la società carnale siano tanto lontane dalla verità, che è lo Spirito, il quale si effonde là dove nella nostra interiorità saremo liberi da ogni carnalità, anche di una fede che è solo un insieme di credenze religiose, perciò carnali.
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