Un Paese più giusto. Presto un milioni di “nuovi” cittadini
da L’Unità
Un Paese più giusto.
Presto un milioni di “nuovi” cittadini
A settembre, dopo 24 anni di tentativi e altrettante proposte di legge in aula la legge sullo Ius soli. M5S, Lega e FI: “Non è la priorità”
di Claudia Fusani
14 agosto 2015
L’ultimo miglio è sempre quello più difficile. Specie se la maratona è una faccenda su cui il Parlamento discute da ventiquattro anni e copre una distanza maledettamente complessa come quella del diritto alla cittadinanza per chi è nato e vive in Italia. A settembre andrà in aula alla Camera, per la prima lettura, il testo di legge che prevede lo ius soli per chi nasce in Italia e quello culturae per chi è arrivato qui a meno di 12 anni ma ha già completato un ciclo di studi di cinque anni. Accanto a quella per il nuovo Senato, sarà l’altra battaglia tra i due Mattei (Renzi e Salvini) visto che la Lega ha già annunciato barricate e montagne di emendamenti al grido: «Con il massimo della disoccupazione giovanile è una follia che il Parlamento dia la priorità alla cittadinanza facile agli stranieri». Nel grande capitolo dei diritti, sempre al palo in ogni legislatura, questo è il tassello più importante sul fronte dell’immigrazione e dispiace che Cei, Vaticano e monsignor Galantine non vi abbiano fatto cenno denunciando l’empasse di palazzo Chigi e invocando il modello tedesco.
Una nuova giovinezza
Il testo di legge, prima firmataria Marilena Fabbri (Pd), conta 27 articoli ma sono due quelli decisivi, l’unica mediazione possibile tra ventiquattro disegni di legge presentati su questo tema dall’inizio della legislatura da tutti i partiti, compresa Forza Italia e Movimento Cinque Stelle. Enrico Letta aveva messo la legge sulla cittadinanza tra i primi dieci punti del governo. Il compromesso più forte riguarda gli adulti: esclusi dalle modifiche, restano legati alle regole attuali. Via libera invece per chi nasce in Italia e gli under12 trasferiti qua. Sarà un po’ come beneficiare di un improvviso ringiovanimento anagrafico. Un make up multietnico visto che è stimato che circa un milione di bambini e ragazzi diventeranno italiani quando la legge entrerà in vigore. «Abbiamo dovuto cedere sugli adulti – spiega Khalid Chaouki, deputato Pd e responsabile del gruppo parlamentare multietnico – ma diciamo subito che il Pd non è disponibile a retrocedere rispetto al punto che chi nasce in Italia deve avere gli stessi diritti di tutte le altre culle».
Lo ius soli attenuato prevede che diventano italiani i bambini nati qui e con uno dei due genitori che soggiorna in Italia regolarmente e senza interruzione da almeno cinque anni. Per fare un esempio: un bambino nato a Roma da madre in Italia solo da tre anni, ottiene la cittadinanza quando compie due anni. E sempre se il genitore non compie irregolarità. Il testo che andrà in aula a settembre prevede anche lo ius culturae: chi arriva in Italia prima dei 12 anni, ottiene la cittadinanza solo dopo un ciclo di studi completo di almeno di cinque anni. E sempre che i genitori vivano regolarmente. Insomma, non siamo allo ius soli americano – automaticamente cittadino a stelle e strisce se nasci negli States – ma è un clamoroso passo avanti rispetto alla rigidità con cui i vari governi degli ultimi trenta anni hanno alzato barricate rispetto a un mondo in movimento da sud e da est. Rispetto alle umiliazioni di tanti giovani, le cosiddette seconde generazioni straniere nate in Italia che ogni anno devono sottoporsi al rinnovo del permesso di soggiorno. Giovani che hanno studiato e si sono specializzati in Italia ma non possono partecipare a concorsi pubblici ma neppure fare provini per una squadra di calcio di professionisti.
Di fronte a questo testo il Pd però è rimasto solo con Sel. La Lega non ne vuole sapere e anche Forza Italia si è defilata (la correlatrice Annagrazia Calabria si è dimessa). I Cinque stelle si sono astenuti. E dire che il testo base votato tiene in considerazione anche una loro proposta di legge (a firma Giorgio Sorial). «Non è la priorità adesso» ha dichiarato in Commissione il deputato Toninelli. A conferma dell’incertezza tra i Cinque stelle quando si parla di immigrazione di fronte a un leader, Grillo, che vira sempre più a destra in cerca di consenso. Ncd e Scelta civica hanno votato a favore in Commissione ma annunciando correzioni in aula. I loro dubbi, che sono forze di maggioranza, riguardano «gli automatismi alla nascita»: ce ne sarebbero troppi e vanno evitati. Non è sufficiente, insomma, che uno dei genitori sia in Italia da regolare da cinque anni. «Devono stare qui entrambi i genitori» ha proposto Laura Ravetto, che è di Forza Italia, ma sa che non si può più stare fermi sul fronte della cittadinanza. Come sempre, visti i numeri, è il Senato che ostacola una veloce approvazione. A meno che la soluzione finale non sia il lodo Giovanardi (Ncd): diventa italiano chi nasce in Italia e si iscrive a scuola in Italia. Oppure chi è nato e ha già fatto qui un ciclo di studi. La sua proposta è al Senato.
Permessi più veloci
Prima della pausa estiva il governo ha approvato, in due diversi decreti (fallimenti, già convertito) e accoglienza, due modifiche per velocizzare l’iter dei permessi per profughi e rifugiati. Il giudice di primo grado dovrà decidere «entro 60 giorni» sui ricorsi dei migranti a cui è stato rifiutato il permesso dalla Commissione. Il governo, con il via libera del Csm, ha dato il via libera al distacco di magistrati nelle sedi giudiziarie che sono anche sede di commissione per gli stranieri. Il problema è una forbice del 70 per cento tra le richieste rigettate dalle Commissioni e i ricorsi invece accolti dal giudice di primo grado e che impediscono il rimpatrio. Ma qui è urgente che si mettano d’accordo. I Commissari più severi e i giudici più tolleranti.
Il mondo cambia, la società si evolve, alcuni paesi sono solerti a recepire le novità, prendendo atto che l’integrazione sociale e multietnica è ormai una necessità, considerato che stiamo vivendo in un’epoca che ha ridotto sensibilmente le distanze e sta via-via trasformando la terra in un vero e proprio villaggio globale. È il senso della storia dell’umanità, che non avrebbe avuto nessuno sviluppo se ognuno si fosse rinchiuso nel proprio piccolo bunker abitativo evitando a tutti i costi la “contaminazione” con altre popolazioni e culture. Senza scambi commerciali, incontri di persone e di esperienze diverse e collaborazioni di ogni tipo non ci sarebbe stato alcun progresso scientifico e tecnologico e, forse, vivremmo ancora in una società arcaica e primordiale. Possibile che solo nel nostro paese e in certe correnti di pensiero a cui si rifanno in prevalenza movimenti politici di destra e ultraconservatori, ci sia ancora qualcuno che fa del protezionismo nazionale la propria bandiera? Invoca pulizia etnica ed identità di popolo come principi sacri ed inalienabili, spesso oltretutto in malafede, senza rendersi conto che si tratta di concetti superati, che la storia ha ormai seppelliti da decenni, essendo passata oltre. Ma che possono tornare sempre utili come pretesto, usato come specchietto per le allodole, per attirare la massa dei creduloni pronti ad abboccare a tutto, mentre servono solo per proteggere i propri interessi e mantenere i propri privilegi. Basta passare in rassegna i partiti che si oppongono all’approvazione dello ” ius soli” e, peggio ancora dello “ius culturae”, per rendersene conto.
Possibile che solo nel nostro paese e in certe correnti di pensiero a cui si rifanno in prevalenza movimenti politici di destra e ultraconservatori, ci sia ancora qualcuno che fa del protezionismo nazionale la propria bandiera?
No di certo, basta vedere il programma airport security, canale 26, emittente cielo.
Se confrontiamo la nostra accoglienza con quello che illustra il programma, essenzialmente su Australia e Canada, appunto, noi al confronto siamo o appariamo come tra i più accoglienti del mondo…..
Sicuramente lei è più documentata di me, ma io mi riferivo al nostro paese. Mi ripugna che altrove si comportino peggio di noi con i profughi e gli immigrati, ma anche se non avrei dovuto usare parola “solo”, continuo a sentirmi disgustato da certe prese di posizione che ritengo un insulto al buon senso oltre che un segno di inciviltà e restano comunque ingiustificabili.