Omelie 2019 di don Giorgio: SESTA DI AVVENTO

22 dicembre 2019: SESTA DI AVVENTO
Dell’Incarnazione o della Divinità Maternità della B. sempre Vergine Maria
Is 62,10-63,3b; Fil 4,4-9; Lc 1,26-38a
Una premessa
Vorrei fare una riflessione per ogni brano della Messa.
Anzitutto, una premessa. Già l’avevo anticipato a proposito della Festività della Immacolata Concezione, la figura di Maria non è da venerare come una santa a se stante: è parte del Mistero di Dio, di un Mistero che è Unico o Uno, anche se ci sono dei riflessi particolari, comunque sempre dello stesso Mistero.
Addirittura, questa Sesta domenica di Avvento è dedicata dal nostro Rito Ambrosiano alla Divina Maternità della Beata sempre vergine Maria.
Mancano pochi giorni alla Festività natalizia, e la Vergine si fa avanti e occupa il posto principale. Giovanni il Battista oramai ha finito la sua missione, si mette da parte e lascia il suo posto a Maria.
Primo brano: l’invito del profeta
Il primo brano della Messa fa parte del cosiddetto Terzo Isaia, scritto da un profeta anonimo vissuto al tempo della ricostruzione ex novo del Tempio di Gerusalemme, dopo il ritorno degli ebrei dall’esilio babilonese.
Ed ecco le parole del profeta: «Passate, passate per le porte, / sgombrate la via al popolo, / spianate, spianate la strada, / liberatela dalle pietre…».
Parole che abbiamo già sentito in questo Avvento, quando Giovanni il Battista viene presentato come una voce che grida nel deserto: «Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri; ogni burrone sarà riempito, ogni monte e ogni colle sarà abbassato; le vie tortuose diverranno diritte e quelle impervie, spianate».
Sono parole riprese dal profeta Isaia 40,3-5. Anche il profeta Baruc aveva detto le stesse cose: «Poiché Dio ha deciso di spianare ogni alta montagna e le rupi perenni, di colmare le valli livellando il terreno…» (5,7).
L’immagine che sta nell’invito di passare le porte, di sgombrare la via, di spianare la strada, liberandola dalle pietre è particolarmente suggestiva, ma forse in pochi si sono chiesti in che senso interpretarla.
Sembra quasi che si tratti di qualcosa di esteriore o, per lo meno, di qualcosa che faciliti il ritorno dall’esilio, inteso in senso fisico, verso la patria, intesa in senso fisico.
Forse in pochi hanno saputo e tuttora sanno cogliere nell’immagine suggestiva del profeta qualcosa di veramente profondo e rivoluzionario, al di là di un evento puramente storico: il ritorno in patria del popolo ebraico.
Vediamo di essere più chiari e specifici.
Anzitutto, la porta è simbolo di quell’ingresso o meglio di quel passaggio dall’esteriorità all’interiorità. C’è una porta che è ancora chiusa, e bisogna che qualcun la apra, se vogliamo entrare dentro di noi.
Si passa dunque dall’esilio, ovvero alla esteriorità di una vita quasi esiliata in una terra straniera, in una terra da stranieri, per tornare a casa, ovvero per rientrare dentro il nostro essere, che è la nostra vera casa.
I veri stranieri non sono quelli che provengono da lontano, ma siamo anzitutto noi, quando viviamo fuori dal nostro mondo interiore, e perciò siamo noi i senza patria, siamo noi i forestieri, alienati, fuori casa.
Ma per passare la porta ed entrare dentro di noi, occorre prendere una grande decisione, come chi ha il coraggio di lasciare la terra straniera per tornare a casa sua. Il che comporta una rivoluzione o, diciamo meglio, una conversione. E ogni conversione comporta una rinuncia, che è quel distacco di cui parlavano i grandi Mistici del Medioevo.
È dentro di noi che dobbiamo spianare la strada, abbassando le colline e le montagne, liberarla dalle pietre.
E una volta dentro di noi, tutto cambia, perché in questa casa, che è la nostra, c’è una sola legge, ed è quella della Libertà nello Spirito divino.
Secondo brano: “Il Signore è vicino!”
Nel secondo brano della Messa, San Paolo usa un’espressione che torna spesso in questi giorni:; «Il Signore è vicino!». Ma che significa? Alcuni rispondono: “Il Signore sta per venire!”.
Anzitutto, diciamo che il Signore è già in noi, realmente presente nel nostro essere o nel nostro spirito. Il fatto che non vogliamo riconoscerlo non vuol dire che il Signore non sia realmente presente. Spetta a noi lasciargli lo spazio dovuto, perché altrimenti Dio non può entrare nella nostra casa interiore.
Terzo brano: l’arcangelo e Maria
Il terzo brano sarebbe da commentare con l’audacia della Mistica. Anche qui pensate alle parole dell’arcangelo Gabriele a Maria di Nazaret: «Il Signore è con te». Certo, non dice: “Il Signore è vicino a te”, ma neppure basta dire: “è con te”. Bisognerebbe tradurre le parole così: “Il Signore è in te”. Oggi gli studiosi concordano nel dire che l’espressione, usata da Luca, “entrando da lei”, non deve essere intesa come se l’angelo di Di fosse entrato nella casa materiale di Maria, a Nazaret. L’angelo entrò nella realtà più profonda dell’essere di Maria.
Che cosa stupenda interpretare in senso mistico l’entrata dell’angelo nella realtà più spirituale di Maria. Tutto è avvenuto all’interno del suo essere. Sì, Maria si trovava già a casa sua, a Nazaret. Ma di quale casa si è trattato? Maria è rimasta folgorata, nel suo interiore, dalla venuta di un misterioso messaggero di Dio, che ha attraversato la porta aperta di Maria.
Questo si chiama Mistica. Tutto il resto si chiama religione, che fa di un momento misteriosamente mistico, ovvero interiore, una banalità che può anche rasentare il ridicolo.
Il linguaggio dello stesso Luca sembra timoroso di riportare un evento che ha dello straordinario, ma (è una mia impressione), Luca, che era un pittore, così dice la tradizione, è riuscito a dire di più di quanti, tra i pittori, abbiano tentato di raffigurare la scena dell’incontro di Gabriele con la ragazza di Nazaret.
“Tutto è opera dello Spirito santo”, dice l’arcangelo a Maria. Ma lo dice anche a ciascuno di noi, donna o uomo che siamo. L’essere è sì asessuato, ma ha in sé la potenza, unitamente a quella dello Spirito santo, di accogliere nel suo grembo la nascita del Figlio di Dio.

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