Omelie 2025 di don Giorgio: PENULTIMA DOPO L’EPIFANIA

23 febbraio 2025: PENULTIMA DOPO L’EPIFANIA
Dn 9,15-19; 1Tm 1,12-17; Mc 2,13-17
Il primo brano è tratto dal libro di Daniele, un’opera che è stata definita “coraggiosa e generosa”, composta in drammatici momenti di persecuzione e di timore.
Il libro di Daniele è stato scritto attorno al II secolo a.C., nel periodo in cui prende il potere in Siria Antioco IV Epifàne: siamo nell’anno 175 a.C.
Preoccupato della vastità del suo regno e delle molteplici culture che rendono difficile il governo, il re prende una decisione: uniformare tutti i popoli sottomessi, nella cultura e nella legislazione ellenista, pretendendo così che debbano rinunciare ai loro dèi o almeno introducano nel loro panteon anche gli dèi importati da Antioco IV.
Una riflessione. Non dimentichiamo che per governare una nazione o una religione, anche la stessa chiesa istituzionale, diciamo cattolica, occorre che il popolo sia compatto, diciamo perfettamente omogeneo, e non diviso o frammentato da culture o ideologie diverse, tra loro almeno apparentemente inconciliabili, o, nel campo ecclesiastico, non ci siano eresie o dissidenze, sempre comunque pericolose anche nel campo politico, tanto è vero che nei primi secoli della Chiesa a promuovere i concili ecumenici furono gli stessi imperatori, con l’intento di fare pressione perché la chiesa istituzionale condannasse gli eretici, per ristabilire l’ortodossia su tutto l’impero. Perciò non scandalizziamoci per l’intento del re assiro Antioco IV di uniformare tutti i popoli nella cultura e nella legislazione ellenista.
Diciamo schiettamente. In fondo, alla Chiesa istituzionale non preoccupa una pluralità di servizi sociali o assistenziali, anzi ben vengano perché danno più lustro alla stessa Chiesa, e i promotori di tali servizi non sono mai stati condannati, casomai abbandonati al loro destino quando sono caduti in qualche tranello finanziario. La Chiesa istituzionale non ha mai fatto difficoltà nel dichiarare ufficialmente santi i fondatori di ordini religiosi esperti nel campo caritativo/assistenziale, e tuttora il Papa riceve senza difficoltà preti alla don Ciotti o alla don Patriciello, ma mette tanti dubbi prima di ricevere un prete che avesse anche solo la fama di essere un dissidente. Un ricordo personale. Richiederebbe troppo tempo soffermarmi sui casi di preti ambrosiani liquidati, emarginati, abbandonati fino alla morte. Vorrei solo ricordare due casi, anzitutto la tragedia di un prete operaio, don Sandro Artioli, abbandonato al suo destino, anche per scelte radicali di povertà; quando venni a sapere del suo stato d’abbandono, mi misi in contatto con lui per esprimere la mia solidarietà, ma deciso a creare un casino presso gli uffici competenti della curia milanese. Erano anni in cui non c’era alcuna attenzione, anzi!, per i preti operai, e non dimenticherò mai certe scenate dell’allora cardinale Giovanni Colombo, che davanti alla parola “dissidenza” stava male, e faceva star male tutti coloro, preti compresi, che facevano scelte radicali. L’altro caso è la storia di un altro prete milanese, condannato sempre dal cardinale Colombo, per alcuni suoi scritti ritenuti poco ortodossi e per le sue posizioni sessantottine con la celebrazione delle Messe davanti la Chiesa (siamo a Milano). Si chiamava don Paolo Pagliughi, che diventerà poi amico del card. Carlo Maria Martini, ma a riabilitarlo sarà il card. Dionigi Tettamanzi, ma cadrà di nuovo in disgrazia con l’avvento del card. Angelo Scola: conobbi don Paolo perché mi aveva mandato un libro da lui scritto su san Paolo, a lui non particolarmente simpatico, mi misi in contatto, e venni a sapere che ripetutamente aveva chiesto un colloquio privato con Scola, il quale sempre rifiutava. Morì senza avere avuto la soddisfazione di dialogare con il suo cardinale.
Sì, questi vescovi perdono qualsiasi paternità appena un prete contesta come spirito libero. Chi pensa in proprio mette in crisi l’omogeneità di una diocesi, che a dire il vero, se è disunita, è solo perché il pastore non sa tenere sotto le sue ali come una chioccia i preti più ribelli. Tu prete, se apri un centro per ricuperare i drogati, sarai sempre ben voluto dalla gerarchia della Chiesa, ma se pensi troppo e metti in dubbio certe scelte pastorali, allora sei condannato a morire in una casa privata, quando la si trova.
Scusate la lunga parentesi. Torniamo al primo brano. Davanti alla decisione drastica di Antioco IV Epifàne di voler uniformare l’impero sotto gli stessi dèi e la stessa cultura, molti dei popoli non creano problemi e questo rende più sereno il nuovo dominio. Ma gli ebrei non ci stanno: essi vedono in tutto questo una bestemmia e una provocazione, e perciò si ribellano in uno scontro, ìmpari eppure violentissimo, e con alterne vicende. Almeno a quei tempi gli ebrei lottavano per la fedeltà al loro Dio, al Dio dell’Alleanza, mentre oggi lottano in nome di un altro dio, quello del potere che non permette ai palestinesi ciò che loro, gli ebrei, nei tempi lontani, avevano ottenuto distruggendo le popolazioni che abitavano la Palestina.
Il siriano Antioco IV, per tre anni e mezzo, tenta di abbattere la resistenza ebraica con le armi. Il racconto delle lotte partigiane lo troviamo nei libri dei Maccabei che ci danno un resoconto di questa lotta durissima.
Ci sarebbe una cosa da chiarire. Abbiamo parlato dei tempi in cui c’era Antioco IV, che ha regnato nel II sec. a.C., in realtà l’autore del libro ambienta gli avvenimenti almeno tre secoli prima, a Babilonia, al tempo del re Nabucodonosor. In tal modo i fatti raccontati acquistano il significato compiuto di lotta, ma anche di soluzione e di pace poiché il popolo, alla fine, sarà liberato e chi vorrà potrà tornare. Quasi a dire: vedete, ciò che succede oggi bisogna rileggerlo tenendo conto di ciò che è successo prima: se a quei tempi più lontani, Dio è intervenuto a liberare il suo popolo, così farà anche ora. Il passato è garanzia del presente. Se Dio, come dice il Magnificat, ha rovesciato i potenti dai troni, vuol dire che lo può e lo farà anche oggi. Se ha già rovesciato i potenti – e quanti potenti ha rovesciato dai troni – perché oggi non lo potrebbe fare? Sono spariti gli imperi assiri, babilonesi, egiziani, l’impero romano, l’impero austro/ungarico, il nazismo, il fascismo, perché i criminali di oggi non dovrebbero anche loro sparire? Nessun potente, nessun ricco è eterno: prima o poi sparirà nel nulla, nella tomba. La poesia di Alessandro Manzoni su Napoleone, il Cinque maggio, inizia: “Ei fu” (non c’è più!). I potenti di oggi, piccoli o grandi, spariranno nel nulla. E Dio sta sempre dalla parte dei giusti, degli umili, dei poveri della terra. E chiama all’ordine i suoi figli ribelli, quelli che calpestano i diritti della legge divina.
E il profeta ammette: “Quello di cui ci si può fidare è la misericordia di Dio”. La supplica è per tutta l’umanità: “Piega il tuo orecchio e ascolta, apri i tuoi occhi e guarda”. Ed ecco il senso: non ci permettiamo di portare davanti ai tuoi occhi le nostre opere giuste. Non sono all’altezza, e non possiamo fidarci. Ma ci fidiamo della tua misericordia. Solo la misericordia di Dio può essere capace di novità e di pace.
Notate l’insistenza: “Signore, ascolta! Signore, perdona!”. Ma non dimentichiamo l’altra preghiera: “Ascolta, Israele!”. Dio ci ascolta, se noi lo ascoltiamo.

Commenti chiusi.