Omelie 2023 di don Giorgio: TERZA DI PASQUA

23 aprile 2023: TERZA DI PASQUA
At 19,1b-7; Eb 9,11-15; Gv 1,29-34
La Pasqua non è solo il giorno di Pasqua, e lo prova il fatto che la Liturgia ha dato e tuttora dà un’enorme importanza al cosiddetto “periodo pasquale” che va dal giorno di Pasqua fino alla Pentecoste, e naturalmente oltre la Pentecoste.
Possiamo dire che tutto l’anno liturgico è avvolto nel Mistero pasquale, sempre tenendo conto delle parole di San Paolo: “Se Cristo non è risorto, vuota è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede”.
Tuttavia, come è nel suo stile saggiamente pedagogico, la Liturgia invita i credenti a vivere certi periodi dell’anno, dando rilievo ad alcuni aspetti del Mistero divino. Uno di questi è il periodo pasquale, e lo fa proponendoci brani scritturistici scelti accuratamente. Già il fatto che nel periodo pasquale il primo brano della Messa è scelto dal libro “Atti degli apostoli” è indicativo.
Dovrei tenere più di un’omelia per spiegare la preziosità di questo libro, scritto da Luca, autore anche del terzo Vangelo. Pochissimi tra i credenti hanno letto per intero questo interessantissimo libro, che nell’elenco canonico dei testi del Nuovo Testamento viene subito dopo i quattro Vangeli. Un libro prezioso perché ci fa conoscere lo sviluppo del primo cristianesimo, anche all’interno delle varie comunità, e naturalmente fuori, nel mondo pagano, soprattutto per l’azione missionaria dell’infaticabile apostolo Paolo.
L’intento, comunque, di Luca è stato quello di dire che la diffusione del Cristianesimo aveva raggiunto, con la prigionia dello stesso Paolo a Roma, il cuore dell’Impero romano, e qui il libro si chiude.
Ho detto un libro “interessantissimo”, anche perché non è solito libro di qualche fanatico che per dimostrare l’assoluta bontà o perfezione della propria religione, enfatizza tutto nascondendo debolezze e anche nefandezze dei propri seguaci.
Luca narra tutto, con sincerità, anche i litigi tra gli stessi apostoli, e anche stranezze come l’episodio riportato dal brano di oggi. L’apostolo Paolo giunge a Efeso e qui trova alcuni “discepoli”, cioè cristiani. Costoro però alla domanda se abbiano ricevuto il dono dello Spirito Santo, rispondono che neppure Lo conoscono. Di conseguenza, quale battesimo hanno ricevuto? Non può essere quello cristiano, essendo questo strettamente legato alla conoscenza dello Spirito di Dio. Quei cristiani confessano di aver ricevuto soltanto il battesimo di Giovanni. A Paolo non rimane che spiegar loro che la missione del Battista è stata quella di annunciare la venuta imminente del Cristo; il suo battesimo aveva unicamente lo scopo di spianare la via al Messia atteso, suscitando tra la folla il pentimento per la remissione dei peccati. Il Cristo è venuto in Gesù di Nazaret, e perciò il rito di preparazione di Giovanni ha esaurito il suo compito. Completata la loro istruzione, i discepoli si fanno conferire il Battesimo cristiano e, mediante l’imposizione delle mani di Paolo (cfi. At 8,17), ricevono lo Spirito Santo, che dà loro la capacità di parlare nuove lingue e di profetizzare. Potrebbe sembrare strano che ancora al tempo di Paolo ci fossero dei discepoli di Giovanni, o simpatizzanti per il Precursore, e che – cosa ancora più strana – ci fossero credenti fermi a metà strada tra il battesimo di Giovanni e il Battesimo cristiano. Non dimentichiamo che la figura del Battista ha continuato ad avere un grande influsso. E poi, se a fatica accettiamo che all’inizio del Cristianesimo le confusioni potessero essere tante e diverse, che dire dei nostri giorni, dove non dico la confusione, ma talora l’anarchia pragmatica sta coinvolgendo una massa di credenti che si dichiara non praticante, e praticanti in realtà poco credenti? Parlare anche oggi dello Spirito Santo non è parlare del grande Sconosciuto? Gesù Cristo è sulla bocca di tutti, più a sproposito che a proposito; Dio è diventato un’entità astratta, così astratta da mettere d’accordo tutti, perfino gli atei. Ma lo Spirito Santo rimane tuttora un enigma. Eppure, senza lo Spirito, il mondo non potrebbe vivere, la Chiesa non potrebbe camminare, l’uomo sarebbe in una prigione. La libertà, il progresso, il futuro sono opera innanzitutto dello Spirito. Un discorso che sembra prettamente religioso, ma non lo è, se pensiamo che costituzionalmente siamo fatti di corpo, di anima (psiche) e di spirito, e lo spirito richiama lo Spirito divino. Di per sé non riceviamo lo Spirito santo quando riceviamo il Battesimo o la Cresima, e tanto meno col battesimo diventiamo figli di Dio.
Siamo figli di Dio per natura, e anche per grazia, quando la natura tradisce se stessa e allora interviene la grazia per riparare i danni di una natura contaminata dal male. Qualcuno giustamente ha scritto: siamo cristiani per natura, lo siamo perché esseri umani il cui spirito è l’emanazione del Divino in noi.
Ho sempre avuto, e oggi ancora di più, una certa fobia per ciò che riguarda riti o altro che hanno poteri magici sulla natura dell’essere umano. Noi siamo ciò che siamo, senza aggiungere altro, e se ci aggrappiamo a riti o a qualcosa di magico è solo perché ci fanno comodo per sentirci più di ciò che siamo, lasciando però tanto vuoto dentro.
La religione, ogni religione dovrebbe sempre essere un mezzo, solo un mezzo per farci scoprire ciò che in natura siamo, senza andare oltre, senza cioè sostituirsi al fatto che nasciamo già figli di Dio.
Se ho un particolare malessere fisico vado dal medico per farmi curare per il mio malessere fisico, ma la medicina che mi dà dovrebbe curare la malattia, ma non mi fa un dio o semidio. Purtroppo, in questo mondo avvengono cose strane, e la cosa più strana è quando si trasformano i mezzi in fini, addirittura cambiando l’armonia del Creato, che perciò perde la sua identità originale.
Attenzione, dunque: si è ciò che si è, e questo dalla nascita. Non si diventa poi ciò che si è fin dalla nascita. E la cosa veramente blasfema per noi credenti è affidarci a una religione: è utile, ci aiuta a guarire per le nostre infelicità, ma non ci dà nulla in più di ciò che siamo per natura.
In quanto cristiano sono ciò che sono in quanto essere umano, così allo stesso modo se sono buddista o ebreo o musulmano. Ma come si fa ancora oggi a credere nelle religioni perché sarebbero capaci di trasformarci in dèi?
Ogni religione è un povero mezzo, sì sempre limitato, molto limitato, e non onnipotente, e come tale va usato, sì usato, e non dobbiamo farci usare dalla religione. La religione è nata con lo scopo di riparare un guasto, ma ciò non significa che la religione ha la missione di cambiare la natura del Creato, come se fosse un’auto che, quando è del tutto guasta, va sostituita. Questo succede perché la religione, ogni religione, agisce dall’esterno dell’essere umano, e pensa che basti solo cambiare il vestito o la pelle.
Dovrebbe solo dire: Entra in te stesso, e scoprirai chi sei e conoscerai Dio.

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