Sempre più imbecille, ma ancor più senza dignità professionale coloro che lo ospitano nelle loro trasmissioni televisive (vedi Bianca Berlinguer)

TEMPO BUTTATO

Peggio di Orsini c’è solo

il fatto di aver creato un simile fenomeno

Maurizio Crippa 22 dic 2022
Anche l’indignazione non serve a nulla con il “traduttor dei traduttor di Google”. Basterebbe chiudere la questione sull’infantilismo culturale del personaggio. Ma i gestori dell’informazione non sono innocenti, e scegliere d’invitarlo a parlare è stato il primo errore
È molto probabile che ciò che accade su Twitter (per non dire di luoghi peggiori) fosse già un’inutile perdita di tempo prima che ci arrivasse “foolish” Musk (Muschio il Folle, lo avrebbe chiamato il Re degli Ignoranti Celentano, quando l’ignoranza non aveva ancora la spocchia di camuffarsi da cultura accademica). È probabile che anche l’indignazione, questo (ri)sentimento dominante del nostro tempo, sia altrettanta perdita di tempo. Ma tutti quanti stiamo perdendo tempo da giorni a tradurre “presidente Cespuglio” per Bush, “Lorenzo Uccello” per Larry Bird e così via, inutilmente annoiandoci in varianti infinite di meme ideati per sfottere, additare al meritato ludibrio e persino insultare, giacché se lo merita, il professorucolo “Alex Littlebears”, aka Alessandro Orsini.

La sua figuraccia è del resto così da sprofondo, imbarazzante (“cringe” suggerisce il traduttore Google) da meritarlo. Ma davvero meritiamo, noi, tutta questa perdita di tempo? Il video con cui il notorio personaggio ha poi persino provato a giustificarsi ribaltando le parole fino allo sputo (“come mi prendo gioco dei vari media dominanti”, “come li faccio girare su se stessi”) è la certificazione di un infantilismo culturale e di uno stato psichico preoccupanti. Basterebbe a chiuderla lì. Ma il problema non è questo. Il problema è il nostro tempo perso. Il tempo che i pupari di Orsini hanno fatto perdere a noi e alla (possibile, ancorché difficile) corretta formazione di un’opinione pubblica italiana attorno ai fatti della guerra.

Il problema grave sono i non innocenti gestori dell’informazione (e pure di un’accademia che evidentemente elargisce titoli come bonbon) che hanno permesso il concretarsi sugli schermi di un simile personaggio dello show.

Rifilandoci, da 300 giorni, le panzane di un “traduttor dei traduttor di Google”, e ci perdoni il Monti. Lo ha notato ieri, sine ira ac studio, Aldo Grasso sul Corriere, riprendendo un thread su Twitter di Antonio Talia che tra i primi aveva segnalato: “Orsini non ha gli strumenti cognitivi per capire l’errore nella traduzione”. E soprattutto: se le trasmissioni che lo invitano “ignorano di invitare come ‘esperto’ qualcuno che è incapace di capire un articolo nella lingua franca delle relazioni internazionali, significa che non sanno fare il loro mestiere”.

Appena più leggero è l’addebito che si potrebbe rivolgere all’università, per aver permesso di dare credito a simili figuri (Orsini non è certo l’unico nel Circo Barnum dei talk). È vero che la Luiss, stimatissima istituzione, non ha confermato Orsini a capo dell’Osservatorio sulla sicurezza internazionale; ma ha atteso aprile 2022, dopo un anno di farneticazioni putiniane culminate in quel “Hitler non aveva intenzione di far scoppiare una guerra mondiale” che fece traboccare il vaso. Ma si tratta ovviamente di libera accademia, e libero è l’insegnamento. Così pure liberi sono i giornali che si fregiano delle sue illuminanti analisi.

Più grave è la situazione delle tv, che creano i personaggi, e segnatamente del servizio pubblico. Scrive Grasso: “È un problema molto serio, non c’entra nulla con la gaffe. È un problema che i vertici del servizio pubblico, la direzione di Rai 3 dovrebbero porsi al più presto”. Invece martedì sera, esibendo la più totale impermeabilità, a questo punto, al buon senso e al buon gusto, a Littlebears era ancora permesso di stare al suo solito posto di farneticatore in chief (“i-n-c-a-p-o”). E qualcuno prima o poi dovrebbe risponderne, di tutto il tempo che stanno facendo perdere a noi e agli italiani.

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dal Corriere della Sera

Il servizio pubblico non può ignorare

i limiti culturali di Orsini

di Aldo Grasso
Le sceneggiate del professore di Sociologia del terrorismo fanno aumentare gli ascolti, finiscono sui social, rilanciano il programma da cui è invitato
Della clamorosa gaffe del prof. Alessandro Orsini ha scritto ieri Massimo Gramellini nel suo «Caffè». Ma c’è un aspetto televisivo dell’imbarazzante vicenda ancora tutto da approfondire. Riassumo brevemente: il giornalista Antonio Talia si accorge che in un video su YouTube, il prof. Orsini cita l’articolo di un certo «William J. Ampio», pubblicato dal «New York Times». Orsini fa anche lo spelling dell’autore, «A-M-P-I-O». Da rapida ricerca, vien fuori che sul «New York Times» non scrive nessun William J. Ampio. Ci scrive, invece, William J. Broad, già premio Pulitzer. In pratica il traduttore automatico ha tradotto il cognome «Broad» in «Ampio». Nel riportare l’episodio, ci si sofferma sulla gaffe, sullo sfondone, sulla «figura di palta».
Talia, invece, colpisce nel segno: «Se Orsini non ha gli strumenti cognitivi per capire l’errore nella traduzione automatica di un articolo, come potrà riuscire a decifrare e poi spiegare il contenuto dell’articolo stesso?». Ma Talia pone anche un problema televisivo cruciale. Le trasmissioni che lo invitano «se ignorano di invitare come “esperto” di affari internazionali qualcuno che è incapace di capire un articolo nella lingua franca delle relazioni internazionali significa che non sanno fare il proprio mestiere». Oppure: «Se invece lo invitano conoscendo le carenze di Orsini sono semplicemente in malafede, e stanno facendo qualcosa che non ha nulla a che fare con il giornalismo». In realtà, c’è una terza ipotesi. Le trasmissioni televisive (chiamiamole così, per stare sul generico) sono coscienti dei limiti culturali del prof. Orsini e del suo filoputinismo ma lo invitano perché le sue sceneggiate fanno aumentare gli ascolti, finiscono sui social, rilanciano il programma. È un problema molto serio, non c’entra nulla con le gaffe. È un problema che i vertici del servizio pubblico, la direzione di Rai3 dovrebbero porsi al più presto.
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Il critico Aldo Grasso risponde a Alessandro Orsini

2 Commenti

  1. Giuseppe ha detto:

    Secondo me è un problema comune di tutti i talk show televisivi e dei cosiddetti “programmi di approfondimento” in cui i soliti clown, spacciati per “esperti” pontificano pronunciando strafalcioni e banalità, come se si trattasse di brani delle sacre scritture… e guai a contestarli!

    • Don Giorgio ha detto:

      Ma c’è sempre qualcuno più imbecille degli altri, e che naturalmente fa più audience. E c’è una giornalista che non sopporto più, Bianca Berlinguer, indegna figlia di suo padre.

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