Rivendico l’autodeterminazione della mia esistenza!
di don Giorgio De Capitani
Leggendo su Merateonline la notizia della manifestazione di un centinaio di “cattolici” (la maggior parte venuti da fuori e vicini al “Movimento mariano Regina dell’amore di Treviso” e al “Movimento con Cristo per la vita” di Vicenza), che si è svolta nei giorni scorsi per le vie di Lecco, nella Basilica san Nicolò con la celebrazione della Messa e davanti alla clinica Talamoni, per ricordare Eluana Englaro, morta nel febbraio del 2009, diciassette anni dopo l’incidente stradale che l’aveva ridotta in stato vegetativo, mi sono chiesto se questa è veramente la vera Chiesa, quella che papa Francesco cerca di “umanizzare”, portandola, benché faticosamente, fuori da quel fondamentalismo cieco e ottuso, che purtroppo attanaglia ancora una buona parte di pseudo-credenti. Questi non rappresentano certo la Chiesa “migliore”! Purtroppo ce ne sono, resistono ad ogni soffio rinnovatore dello Spirito, urlano e biascicano litanie, pregano e bestemmiano. Non sanno quello che fanno: sono invasati, manipolati da preti che predicano amore e violentano la dignità dell’essere umano, pretendendo di sottomettere la coscienza ai dettami di una religione che ha perso ogni ragione. D’altronde, che cosa hanno fatto i nostri politicanti di destra, i ciellini che, alla notizia della morte di Eluana, gridavano: Assassini! Ce ne siamo dimenticati?
La città di Lecco non ha reagito. Non me la prenderei più di tanto: l’indifferenza talora è segno di disprezzo, lasciando sfilare i dementi tra il ridicolo!
Comunque, prendiamo anche da questa “oscena” buffonata l’occasione per rinnovare qualche domanda fondamentale: che cos’è la vita? Attorno a questa parola ruotano la legge e la coscienza, si decide il destino proprio e si impone il destino altrui.
Lo stato vegetativo persistente non è “Vita Umana”, almeno così la penso io, e con me tanti credenti. Anche la Scienza (con la S maiuscola) lo conferma. Ma la religione vuole sempre dire l’ultima parola, in nome di quel dio che sembra divertirsi nel vedere i propri figli soffrire oltre l’ultimo respiro “naturale”, protratto a tempo indeterminato da una tecnologia sanitaria, fredda e disumana. Inoltre: perché deve essere il Parlamento a decidere per me? In base a quale criterio scientifico dicono che l’alimentazione e la idratazione sono sostegni vitali irrinunciabili? Mi ricordo che già i nostri vecchi, veramente saggi, quando capivano di essere alla fine, rinunciavano a mangiare e a bere. Ed erano profondamente cristiani!
Io chiedo, nel pieno diritto del mio “essere umano”, l’autodeterminazione della mia esistenza. Rivendico il diritto di decidere del mio destino: se vivere o se morire. Non giudico nemmeno chi si suicida. Non faccio troppe distinzioni sottili tra eutanasia e testamento biologico. Una cosa è certa: il testamento biologico (decidere prima se voglio o no continuare a vivere, nel caso in cui un domani cadessi in stato vegetativo irreversibile) è un diritto di ogni cittadino e di ogni credente. Nessuno ha il diritto o dovere di togliermelo. Tanto meno il Dio in cui credo, perché il mio Dio vuole la vita, e non che continui ad essere tenuto legato ad una macchina, che mi tiene disteso sul letto come se fossi già in un sepolcro. I santi desideravano morire per raggiungere il loro Dio, e questi mentecatti super-cattolici vorrebbero che io rimanessi su questa terra, con un corpo congelato chissà fino a quando, nella speranza che la tecnologia inventi altri mezzi per prolungare la mia partenza, magari per altri trecento e più anni!
Non sostengo queste cose da oggi, ma da anni. Nel 2009, nel mese in cui Eluana Englaro finalmente poteva tornare alla Casa del Padre, la Rivista MicroMega lanciava un appello ai sacerdoti italiani, perché vi aderissero. L’appello era il seguente:
«La legge sul testamento biologico che il governo e la maggioranza si apprestano a votare imprigiona la libertà di tutti i protagonisti coinvolti al momento supremo della morte. Definendo il nutrimento e l’idratazione forzati come cura ordinaria e obbligata e non più come intervento terapeutico straordinario, la legge annulla ogni possibilità di valutazione sull’accanimento terapeutico. L’interessato, i familiari e il medico stesso sono impotenti di fronte ad una volontà esterna che impone un protocollo che è solo politico e non morale. La vita deve essere rispettata sempre e senza condizioni, finché resta vita umana nella coscienza, nella dignità e nella forza di sostenerla. La morte è un appuntamento naturale a cui tutti siamo chiamati; per i credenti poi è il vertice della vita vissuta, la soglia che introduce all’eternità. La decisione di porre fine ad una parvenza di esistenza è di pertinenza esclusiva della persona interessata che ha il diritto di esporla preventivamente in un testamento, oppure alla famiglia di concerto con il medico che agisce in scienza e coscienza. Con la forza della ragione e la serenità della fede ci opponiamo ad un intervento legislativo che mortifichi la libertà di coscienza informata e responsabile in nome di principi che non sono di competenza dello Stato e tanto meno di un governo o di un parlamento che agiscono in modo ideologico sull’onda emotiva e la strumentalizzazione di una dolorosa vicenda (Eluana Englaro). Come credenti riteniamo che chiunque come è stato libero di vivere la propria vita, così possa decidere anche di morire in pace, quando non c’è speranza di migliorare le proprie condizioni di esistenza umana.»
Aderirono all’appello 41 sacerdoti, tra cui il sottoscritto. Ecco i nomi, pubblicati su MicroMega il 23 marzo 2009.
don Paolo Farinella (Genova), don Vitaliano della Sala (Sant’Angelo a Scala, Avellino), don Enzo Mazzi (Firenze), don Raffaele Garofalo (Pacentro, l’Aquila), padre Fausto Marinetti (Sinigaglia, Ancona), don Andrea Tanda (Oristano), don Ferdinando Sudati (Paullo, Milano), don Adolfo Percelsi (La Loggia, Torino), don Giovanni Marco Gerbaldo (Modena), don Pierantonio Monteccucco (Voghera), don Chino Piraccini (Cesena), don Marcello Marbetta (Albano Laziale, Roma), padre Tiziano Donini (Trento), don Aldo Antonelli (Antrosano, l’Aquila), don Roberto Fiorini (Mantova), don Luigi Consonni (Pioltello, Milano), don Angelo Cassano (Bari), don Renzo Fanfani (Firenze), don Nicola De Blasio (Benevento), don Goffredo Crema (Cremona), don Guglielmo Sanucci (Roma), dom Giovanni Franzoni (Roma), padre Benito Maria Fusco (Bologna), padre Pierangelo Marchi (Caserta), don Paolo Tornambè (Avezzano, l’Aquila), don Carlo Sansonetti (Attigliano, Terni), don Franco Brescia (Napoli), don Carlo Carlevaris (Torino), padre Nino Fasullo (Palermo), don Andrea Gallo (Genova), don Angelo Bertucci (Rovereto), don Alessandro Santoro (Firenze), don Franco Barbero (Pinerolo), don Giorgio De Capitani (S. Ambrogio in Monte di Rovagnate, Lecco) don Francesco Capponi (Itaberai, stato di Goias, Brasile), don Alessandro Raccagni (Bergamo), don Salvatore Corso (Trapani) don Riccardo Betto (Vigodarzere, Padova), don Albino Bizzotto (Padova), don Sandro Artioli (Sesto San Giovanni), padre Gino Barsella (Roma).
Alla fine di agosto di quello stesso anno, partì dalla Congregazione per la Dottrina della Fede una lettera indirizzata ai vescovi diocesani e ai superiori provinciali dei 41 preti diocesani e religiosi contenente un ordine preciso: convocare i sacerdoti per richiamarli all’ordine ed eventualmente punirli con la “sospensione a divinis”.
Da parte mia, non ricetti alcun avviso. In un incontro successivo che ebbi con il mio vescovo di allora, Dionigi Tettamanzi, gli chiesi esplicitamente: “Eminenza, ha ricevuto la lettera nei miei riguardi?”. Risposta: “Sì, l’ho ricevuta, ma l’ho tenuta nel cassetto”. Ecco chi era Tettamanzi! Ho saputo che altri miei confratelli invece la pagarono!
NOTABENE.
Un appunto sulla manifestazione lecchese dei giorni scorsi. È stata celebrata anche una Messa nella Basilica di San Nicolò. Mi chiedo: perché il prevosto, monsignor Franco Cecchin, ha dato il permesso?
da Merateonline
Nell’indifferenza dei lecchesi,
il corteo dei movimenti mariani veneti
sfila per il centro ricordando Eluana, vittima innocente
Lecco
“Vittima innocente della perfidia umana”. Così Eluana Englaro è stata definita da uno dei tre sacerdoti che hanno preso parte alla veglia promossa nella serata odierna per ricordare la giovane lecchese, morta nel 2009, 17 anni dopo l’incidente stradale che la ridusse in stato vegetativo, per volontà del padre che – con determinazione – si batté fino a veder riconosciuto il diritto di autodeterminazione della sua “bambina” e l’autorizzazione dunque a sospendere l’alimentazione e l’idratazione artificiale che tenevano in vita la ragazza, accudita dalle suore misericordine della Casa di Cura Talamoni.
E proprio dinnanzi alla clinica si sono radunati quest’oggi poco più di un centinaio di cittadini, la maggior parte venuti da fuori e vicini al “Movimento mariano Regina dell’amore di Treviso” e al “Movimento con Cristo per la vita” di Vicenza così come indicato sui labari portati poi in corteo per le vie del centro cittadino fino a giungere, scortati dalla Polizia Locale, dai Carabinieri e dagli Uomini della Questura in divisa e in borghese, alla chiesa della Vittoria in un susseguirsi di canti secondo le direttive, scandite a microfono, dalla dottoressa Antonella “firmataria” di un’immaginetta distribuita ai presenti arrecante una bella foto sorridente di Eluana Englaro e un testo il cui incipit – affidato idealmente alla giovane – recita: “vittima martire innocente della soppressione al mio diritto alla vita. Sono stata crocefissa contro la mia volontà.
Nelle mie reazioni di panico “non hanno avuto orecchie per sentirmi, non hanno avuto occhi per vedermi e un cuore per amarmi””. Un messaggio simile a quello riportato su uno striscione verticale posto alla testa della “processione” – colorata da candele flambeaux e da palloncini rosa: “Eluana ti amavano così tanto che ti hanno fatto morire di fame, sete e di paura. Il Signore li perdoni per tutto il male che ti hanno fatto”, frase attribuita al cardinal Barragan.
“Ogni vita è sempre degna di essere vissuta, nessuno è padrone dell’altrui vita, solo Dio che l’ha donata. Basta” aveva affermato, nel tardo pomeriggio, nella propria omelia pronunciata presso la Basilica di San Nicolò don Paolo Ventura, nel corso della messa in suffragio della Englaro animata sempre dal gruppo proveniente da Treviso, citato dal sacerdote così come i “forestieri” venuti appositamente da Piacenza e da Bergamo.
“Siamo qui per chiedere al Signore il rispetto della persona umana, nata a immagine di Dio” ha aggiunto poi il celebrante sostenendo come “la vita è un dono da vivere fino in fondo, fino all’ultimo respiro” e rimarcando ancora come “noi non siamo padroni della vita ma solo servitori”.
Leggendo dunque proponendo alcuni passi attraverso cui San Giovanni Paolo II affidata a Maria “la causa della vita”, don Paolo ha invitato i fedeli a proseguire la loro serata “nella preghiera e nel fraterno amore per questa giovane”. E così è stato. Alle 20.00 il capannello di partecipanti alla veglia si è ricomposto presso il parcheggio della Clinica Talamoni dove è stata recitata la Coroncina della misericordia seguita da un canto contro l’aborto (condannato anche da alcuni cartelli mostrati da alcune signore) in cui spesso è stato ripetuto “fammi vivere mamma”.
Messosi in cammino, il gruppo si è fermato per una seconda sosta solo in piazza Manzoni, dove ai piedi della statua del letterato, il tenore Matteo Tiraboschi ha intonato l’Ave Maria, riproposta poi anche da alcuni ragazzi al violino. Il corteo ha poi fatto rotta verso la sua meta finale, sfilando per strade pressoché deserte con i lecchesi che sembrerebbero aver dato dimostrazione di voler andare oltre una vicenda comunque dolorosa che tanto ha fatto discutere e su cui ognuno – intimamente o meno – mantiene la propria posizione.
La natura non è altro che il piano di un Artista, e di un Artista divino, iscritto all’interno delle cose, grazie al quale si muovono verso un fine determinato, come se il costruttore di una nave potesse fornire ai pezzi di legno la capacità di muoversi da sé per la produzione della forma della nave.
Dio è la causa prima da cui tutto dipende nel suo essere, ma Egli non impone lo stesso tipo di necessità su tutti gli effetti creati: Dio fa sì che alcuni effetti avvengano in modo necessario, altri in un modo contingente.
Gli uomini sono ordinati per provvidenza divina ad un vene più alto di quanto possa sperimentare nel tempo la vita umana, è stato necessario che l’anima fosse chiamata a qualche cosa di più alto di quel che la nostra ragione possa raggiungere in questa vita: e così imparare attendere appassionatamente a qualche cosa che trascende lo stato della vita presente.
ad un BENE
Se parliamo di cattolici, già diciamo una parolaccia, poi se parliamo di escrementi del cattolicesimo, abbiamo detto tutto.
Io ho avuto una persona cara in coma per due settimane, ed ancora mi chiedo come quei due martiri, padre e figlia, abbiano potuto resistere tutti quegli anni da incubo senza fine.
Sti buonisti avrebbere dovuto aiutare qualcuno vivo bisognoso!
siamo cresciuti con la scienza ma non con lo spirito e adesso ci troviamo alle prese con dubbi e perplessità.
l’uomo si crede grande con le sue scoperte e innovazioni ma la verità è che senza dio non sa dove andare.
La vita umana è un bene troppo prezioso per affidarla alle “cure” di persone bigotte e ottuse e di politici sempre pronti a compiacere la parte più “influente” e conservatrice del clero cattolico, che riguardo alle questioni essenziali dell’esistenza fa solo pura accademia pseudo-dottrinale. L’autodeterminazione non può essere limitata solo a questioni politiche e sociali, ma deve comprendere a maggior ragione anche il diritto di disporre della propria salute e del proprio corpo terreno secondo le proprie convinzioni -qualora se ne presenti la necessità-, perché non c’è ragione al mondo che possa costringere a privare un essere umano della propria dignità.
Io sono favorevole alla libera scelta se uno vuole avere cure e non soffrire deve poter scegliere.La condizione fisica umana e’ la piena solitudine (siamo un granello nel cosmo)in un mondo che di per se’ e’ contro l’esistenza.Sin dal suo inizio l’uomo ha combattuto per sopravvivere.Le categorie filosofiche teologiche possono si evolversi come la medicina ma quando un individuo soffre ogni secondo e non puo’ piu’ sopportare il dolore fisico e morale non permettergli la fine con dignita’ e’ abberrante.l’italia come sempre e’ un paese da medioevo,per fortuna l’italia non e’ il mondo.Il volontario suicida poi rispondera’ lui davanti al padre eterno.Non penso che abbia bisogno di mediatori
Voglio essere chiaro nell’esprimere il mio pensiero:
1. Favorevole al suicidio assistito
2. Contrario all’accanimento terapeutico
3. Contrario all’uccisione del malato terminale
Teniamo presente queste definizioni quando si parla di eutanasia e cose del genere in quanto molte persone confondono le cosa.
Cristo, con le sue parabole ed i suoi miracoli avrebbe dimenticato di accennare a questo aspetto fondamentale ? Cosa ha detto Gesu’ sul tema complesso della morte ?
Che io ricordi,nulla. Egli stesso ha scelto di morire per salvare l’umanità. Lo ha scelto, per una giusta causa, per portare a termine la sua missione sulla Terra.
Ognuno di noi ha un sua piccola o grande missione da compiere. Quando questa è conclusa, perché aspettare che la candela si spenga da sola con la sua fiammella tremolante ed incerta che non dà più luce e calore?
Accanimento terapeutico = impedimento alla natura di compiere il suo corso che, anzi, andrebbe agevolato, se ben interpretato dall’uomo il quale agevolerebbe la sua inalienabile concretizzazione.
Per questa ragione, fuori dalle remore della religione, mi ritengo favorevole alla terapia anti-dolorifica ed alla soluzione finale guidata.
Nessun governo può arrogarsi il diritto di condizionare l’intima libertà di scelta di un cittadino che sceglie di essere solo uomo e non più cittadino.
La chiave sta tutta nella frase “L’interessato, i familiari e il medico stesso sono impotenti di fronte ad una volontà esterna che impone un protocollo che è solo politico e non morale.” E vale anche per la “morale” vaticana…
Le posizioni in materia sono quanto mai diverse.
Ma non è indifferente alla questione il modo in cui si muore.
Comprendo maggiormente l’eutanasia condotta con un’iniezione che sprofonda nel sonno eterno, che il fatto di smettere di nutrire l’organismo, perchè pare che comunque l’organismo soffra.
Possiamo essere concordi o meno con quel che dice il cattolicesimo, ma, ancora una volta, se non ne condividiamo i principi, perchè definirsi tali?
Il fine vita, a mio modesto avviso, implica sopratutto di assumere una responsabilità rispetto al progresso scientifico, per cui la mia contrarietà su normative come quella svizzera, non ha fondamento religioso, ma laico.
Infatti, come possiamo essere sicuri che, ad un certo punto, i progressi scientifici non portino ad un recupero dallo stato vegetativo alla vita piena e, sopratutto, come possiamo essere sicuri che il soggetto, a fronte di una tale prospettiva, rimarrebbe comunque fermo nel suo proposito di fine vita?