Che cosa di nuovo dobbiamo aspettarci dal Sinodo?

L’EDITORIALE
di don Giorgio

Che cosa di nuovo dobbiamo aspettarci dal Sinodo?

Nulla, se non un fiume straripante di parole di conforto, distribuite a piene mani a tutti.
Il Documento finale sovrabbonderà di misericordia, perdono, accoglienza, prossimità, ecc., ma in realtà, le cose resteranno come prima: a prevalere saranno ancora le regole “oggettive”, entro cui è indispensabile rimanere, se si vuole partecipare dei benefici di una Chiesa che pensa solo a garantire la struttura dogmatica e morale, promettendo il paradiso delle oche. I fuoriusciti riceveranno solo qualche pacca sulle spalle, ma solo per coprire con un falso buonismo ciò che la Chiesa da secoli ha rigidamente fissato per i suoi seguaci, pretendendo anche di escludere dalla salvezza (quale?) gran parte dell’Umanità, che, se ha avuto la sfortuna – secondo la Chiesa – di nascere “fuori” del castello “incantato”, ha avuto anche la grazia o la possibilità provvidenziale di scoprire altri mondi, più vasti e imprevedibili di quello religioso.
Certo, leggeremo più parole di attenzione per tutti, praticanti ortodossi e irregolari, senza arrivare ad ammettere che forse la rigidità della legge canonica ha superato i limiti, e che sarebbe ora di rivedere un po’ il castello, che del Mistero dell’Incanto divino ha perso ogni traccia.
Lo vorrei ribadire con forza: ciò che conta nella Chiesa è salvaguardare la legge “oggettiva”, anche mettendo in crisi il “soggetto”, che è la persona umana. Tra l’oggetto (ovvero, la legge, l’ordine, la struttura, i dogmi ecc.) e il soggetto (ovvero, l’individuo, la persona, la coscienza ecc.) c’è ancora un tale divario che sarà difficile trovare un varco per far passare quell’Umanità, che è la vera sorgente a cui attingere, sia per fare le leggi, sia anzitutto per farle osservare col criterio del rispetto dei doveri-diritti della persona umana.
Il Documento finale dei Sinodo avrà di nuovo una struttura biblicistica e strettamente teologica, nel senso peggiore di “teologia religiosa”, con citazioni che saranno tanto ripetitive quanto pedanti, al fine di coprire, lo ripeto per l’ennesima volta, la struttura di una Chiesa-religione, che persiste nel mantenere la pretesa di inglobare l’Umanità fino a strozzarla, invece che aprirsi all’Umanità per partecipare dell’infinito respiro vitale.
Vorrei di nuovo rispondere alla solita obiezione, che mi fanno anche persone ai margini o al di fuori della Chiesa. Eccola: “La Chiesa ha le sue regole, e perciò è giusto che le faccia valere. Chi ne fa parte, non ha diritto di contestarle: le accetti oppure esca!”.
Rispondo. Sì, è vero che ogni struttura, perciò anche la Chiesa in quanto tale, ovvero come struttura-religione, ha le sue regole che risalgono all’inizio della sua costituzione, ma è altrettanto vero che bisognerebbe distinguere tra Chiesa del Cristo radicale e Chiesa-istituzione-religione. Se la Chiesa avesse detto, e dicesse, che è nata come istituzione-religione, e che perciò chi vi aderisce deve coerentemente osservarne le regole, sarei perfettamente d’accordo, e obbedirei. Ma il problema è un altro, e vorrei che fosse chiaro ciò che sto dicendo: la Chiesa non è nata come istituzione o religione, a meno di cambiare il Vangelo, e allora ci troveremmo di fronte alla più colossale menzogna della storia. Qual era il pensiero originario di Cristo? Ecco la vera domanda. Se me la prendo con “questa” Chiesa, se mi sento in dovere-diritto di contestarla, è proprio perché “questa” Chiesa, da una parte vuole rifà continuamente alla Bibbia, e in particolare ai Vangeli, e dall’altra tradisce in continuazione il pensiero originario di Cristo.
Allora, è “questa” Chiesa che deve uscire da se stessa, liberarsi da una struttura che l’ha condotta, lungo i secoli, ad allontanarsi dal Cristo radicale, e non chi la contesta proprio perché “questa” Chiesa è uscita fuori strada. Ciò che amo è la Chiesa di Cristo, anche se il mio amore sembra utopico, dal momento che la realtà è ben altra cosa. Ma è mio dovere, mio diritto far sì che “questa” Chiesa rientri nel pensiero originale di Cristo.
Già il fatto, indiscutibile, che Cristo abbia messo in crisi la religione ebraica dalle sue fondamenta (Legge e Tempio) e che non abbia voluto sostituirla con un’altra o nuova religione, dovrebbe far riflettere sul perché la Chiesa sia caduta nelle reti di una religione-struttura. È qui il punto. Cristo ha abbracciato Umanità intera, ed è l’Umanità, casomai, la nuova religione. Una religione, dunque, del tutto particolare, che non ha nulla a che fare con le religioni storiche. Ho usato anch’io la parola “religione”, ma per contrapporre il Cristianesimo alle religioni tradizionali o anche a quelle emergenti.
Il termine “religioso” andrebbe, in ogni caso, sostituito con la parola “sacralità”, che è qualcosa di più ampio, tanto ampio da coinvolgere il respiro vitale dell’Universo, già conosciuto o ancora da conoscere. La sacralità risiede nell’essere di ciascuno, e non necessariamente nell’ambito religioso. Anzi, la religione come tale corre il rischio di spegnere ciò che è sacro, facendo prevalere ciò che religioso.
Dunque, nulla di nuovo possiamo aspettarci dal Sinodo. Ci saranno anche compromessi, tira e molla, vari tentativi di allentare le prese di una Chiesa che oramai non ce la fa più a imporre le sue regole. Qualche vescovo tenterà di aprire un piccola fessura, ma sarà solo per illudere quanti si aspettano chissà quali novità. Il Papa, infine, tirerà fuori la sua solita bonarietà per strappare qualche sorriso e qualche consenso. E ci cascheranno i soliti atei devoti, gli pseudo-dissidenti rimasti a fare da intermediari tra il passato e il futuro, dimenticando che la dissidenza sta nella capacità profetica di controtendenza ad ogni forma di tendenza illusoria.
E allora: Viva il Sinodo? Abbasso il Sinodo?
La mia domanda è un’altra: la società di oggi è più Umana o meno Umana? Il Profeta non tende a migliorare la religione in quanto tale, ma a migliorare la società, e la società potrà migliorare, non con i dogmi o mediante le strutture, ma puntando a quella sorgente vitale che è l’essere umano, in quella realtà interiore dove scorre l’energia divina, che non sopporta steccati, leggi, strutture, divisioni, ma tende a quell’Unità dove i contrapposti si sciolgono.
Che miseria! Che banalità! Che superficialità! Noi siamo qui a chiedere qualche elemosina sui diritti umani o sulla possibilità o impossibilità di accedere a qualche sacramento ecclesiastico. Siamo qui a chiedere alla Chiesa di chiudere un occhio sulle sue norme canoniche.
Ma qual è la differenza tra la Chiesa e lo Stato? Che ognuno, nel suo specifico campo, faccia osservare le proprie regole alla perfezione, come se la società fosse un ingranaggio? La Chiesa non dovrebbe, invece, preoccuparsi perché ogni essere umano viva “questa” esistenza, al di là di ogni struttura, proprio perché l’essere è nel profondo di ciascuno di noi stessi? Lo ripeto: non si stratta di una questione “spirituale” nel senso di “anima da salvare” o di quella religiosità che non va oltre i limiti della religione, ma di quella “sacralità” innata che è la qualità della persona umana.
E allora evitiamo di parlare di diritti da conquistare, ma parliamo del dovere di ciascuno di essere se stesso. Così, solo così cadranno le pretese dello Stato, della Chiesa e anche dei cittadini e dei credenti di far prevalere diritti sbagliati.
24 ottobre 2015
EDITORIALI DI DON GIORGIO 1
EDITORIALI DI DON GIORGIO 2
 

 

Lascia un Commento

CAPTCHA
*