L’EDITORIALE
di don Giorgio
Siamo servi inutili…
Il solito rito si ripete anche oggi, ovvero che, quando muore un personaggio, che si è distinto nel campo politico o religioso, lo si incensi nel suo cadavere.
Non sembra proprio morire quella mania, soprattutto ecclesiastica, per celebrazioni liturgiche diciamo cadaveriche.
Semplicemente vorrei invitare perché, quando muore anche un personaggio pubblico, tutto si riduca a quella essenzialità rituale, che per alcuni, anche per il sottoscritto, dovrebbe essere di semplici gesti, di semplici parole, tutto al minimo indispensabile per il rispetto che si ha per un amico o per un parente, o per qualsiasi benefattore dell’umanità.
E non è questione di favorire o di imporre la cremazione, se poi perfino delle presunte ceneri se ne fa un culto diciamo ridicolo.
Il ricordo, sì. Ma come? Onorare solo le ceneri, o il corpo ormai disfatto in una tomba, portando fiori o facendo celebrare Messe?
Il culto dei morti è sempre stato vivo, anche e soprattutto presso le popolazioni più antiche.
Ma, a che serve che siano rimasti resti o reperti di tombe, o anche intere opere faraoniche, se poi sono solo oggetto di studi o di curiosità di qualche appassionato di cose antiche o attrazioni di visitatori che neppure riescono a spremere il loro cervello sul tempo che passa inesorabile per tutti, potenti o poveri.
Questi potenti ridicoli e fessi, che pretendono di restare ancora nel tempo, anche dopo la loro morte, solo perché il tempo fatica di più a distruggere certe massicce costruzioni, mentre del cadavere che vi è stato deposto è rimasto solo qualche osso o granello di polvere.
Vorrei essere ancor più concreto, e riflettere su quella mania, ripeto, tipicamente ecclesiastica, di celebrare più funzioni funebri quando muore un personaggio, più o meno famoso.
Che significato ha celebrare più funzioni religiose, presente ancora il cadavere in una cassa da incensare, e su cui volano parole di rito, più o meno ipocrite, o per lo meno semplicemente convenzionali?
Forse basterebbe solo una benedizione nella casa del defunto, e poi… al cimitero o al crematorio, spargendo subito le ceneri al vento.
Mania di culto cadaverico, e non vorrei nemmeno pensare alla morte di un pontefice (idolatrico il tempo di lutto, prima dei solenni funerali altrettanto faraonicamente idolatrici), e tanto meno alle reliquie o resti di cadaveri che girano per il mondo o vengono gelosamente custoditi in teche presso cappelle miliardarie per attrarre più gente possibile, ma a che cosa?
Gesù Cristo ha detto che siamo “servi inutili”: assolta la nostra missione, non abbiamo alcun diritto ad essere incensati.
Il tempo consumerà il corpo e tutto ciò che fa parte del corpo, anche la psiche: resterà lo spirito che è immortale.
Dovremmo casomai sentirci in sintonia profonda, diciamo mistica, con tutti gli spiriti presenti nell’Universo divino. Tutto ci parla divino: il creato e ogni creatura, ancora vivente nell’essere; ma il divino è un seme d’essere presente nella sua purezza spirituale.
Ricordare i nostri cari defunti, certo! Ricordare i geni del passato, certo! Ma nel loro spirito eterno!
Ricordare sì i nostri cari o i geni del passato, ma perché ciascuno di noi viva al meglio questa esistenza che, che lo si voglia o no, è per tutti precaria, ma che nasconde un tesoro interiore da scoprire se vogliamo dare un senso pieno al tempo, poco o tanto, che Dio ci concederà su questa terra.
Già essere a contatto con la terra dice già tutto: dalla terra veniamo e alla terra torneremo. Perché non stamparlo nella nostra mente?
27 gennaio 2024
Commenti Recenti