Che senso ha la canonizzazione dei santi?

Che senso ha la canonizzazione dei santi?

Domenica 27 aprile la Chiesa ufficiale, ovvero il Papa, riconoscerà davanti al mondo intero la santità di Giovanni XXIII e di Giovanni Paolo II. Specifichiamo: la canonizzazione non significa che la Chiesa fa santo qualcuno o qualcuna, naturalmente tra i battezzati. La canonizzazione ecclesiastica è il riconoscimento autorevole che la tal persona è stata un santo durante la sua vita.
Servo di Dio è un titolo che la Chiesa cattolica assegna dopo la morte a persone che essa ritiene si siano distinte per «santità di vita» o «eroicità delle virtù», e per le quali è stato avviato il processo canonico di beatificazione. Dunque, il titolo di “servo di Dio” è dato all’inizio del processo canonico dal vescovo locale, quello di “venerabile” è assegnato dal Papa al termine dei lungo itinerario. A questo punto si verifica se il venerabile abbia “compiuto un miracolo”, come si dice comunemente. In realtà, Dio solo compie miracoli: il venerabile intercede, perché Dio ascolti ed esaudisca le preghiere di coloro che gli si sono rivolti per chiedergli di pregare anche lui il Padre, perché conceda il miracolo. Verificato – con inchiesta altrettanto severa – che si tratta di autentico miracolo, il Papa iscrive il venerabile tra i “beati”. Quando il beato farà almeno un altro miracolo, il Papa lo proclamerà “santo, cioè lo indicherà a tutta la Chiesa come un modello di cristiano, cui ci si può rivolgere con devozione.
Soffermiamoci per un attimo sulla storia dei miracoli. A me sembra che qui ci sia già qualcosa che non va. Nel Deuteronomio, quinto libro dell’Antico Testamento, c’è scritto: “non mettere alla prova il Signore Dio tuo”, parole che Gesù ricorda a satana nel deserto. Chiedere un miracolo a Dio come conferma per la canonizzazione di un suo devoto, che cos’è? È del tutto ridicolo chiedere a un servo di Dio perché interceda presso il Signore perché in nome suo, ovvero del servo di Dio, avvenga un miracolo. Osservate bene: la gente chiede un miracolo al servo di Dio, il quale però lo chiede al Signore, ma la gente crede che sia lui, il servo di Dio, a compierlo. E perciò lo venera come un taumaturgo. Che cos’è tutto questo giro di intercessioni?
Una volta ottenuto un miracolo o quei miracoli che servono per la canonizzazione, allora i rubinetti del cielo si aprono, e scende ogni grazia di Dio sui fedeli che non fanno altro che aggrapparsi a questo o a quel santo per ottenere qualche beneficio. Ma questo lo chiamate fede?
Il processo per la canonizzazione non risale ai primi tempi della Chiesa. All’inizio la Chiesa venerava solo i martiri, successivamente i confessori, cioè coloro che durante la loro esistenza avevano confessato o testimoniato con la santità della vita la loro fede in Dio. L’attuale processo di canonizzazione risale al tredicesimo o quattordicesimo secolo. Già questo fa capire tante cose.
Il problema vero è il criterio usato per la canonizzazione. E il criterio sta nell’osservanza di alcune virtù, scelte non da Dio ma dalla Chiesa-struttura, la quale naturalmente impone come virtù quelle più conformi al mantenimento della stessa struttura della Chiesa. Dobbiamo dire queste cose. La Chiesa è fondata sul dogmatismo dottrinale ed etico. Se uno ad esempio ha messo in dubbio qualche aspetto dottrinale o etico, non sarà mai proclamato santo dalla Chiesa.
I santi allora servono a mantenere la struttura della Chiesa: più santi, più puntelli che mantengono salde le fondamenta della Chiesa-struttura.
Ecco perché sostengo che la canonizzazione in realtà non è che altro che un’autoesaltazione della Chiesa stessa in quanto religione. Più santi proclamati, più possibilità per la Chiesa di essere protetta e sostenuta, anche per l’esaltazione talora incontrollabile del popolo di Dio a cui preme che ci sia sempre qualche taumaturgo pronto a fare miracoli.
A me non interessa se Gandhi o Luther King erano cristiani cattolici o protestanti o di un’altra credenza religiosa. A me non interessa sapere se Vittorio Arrigoni era un credente oppure no. Ciò che mi deve interessare è il loro pensiero, la loro testimonianza in una causa che di per sé non coincide con la causa cattolica o di una certa religione. Il punto di riferimento è l’Umanità, in tutti i suoi valori che sono universali.
Non so quanti santi siano stati canonizzati dalla Chiesa: si parla di decine e decine di migliaia. Ma tra questi santi del passato, quanti hanno ancora un senso da dare all’attuale società? Certo, alcuni santi sono serviti in quel momento storico per sostenere i valori cattolici che la Chiesa riteneva indispensabile difendere proponendo modelli di virtù eroiche. Pensate a san Luigi Gonzaga proposto ai maschietti fino a qualche decennio di anni fa o a Santa Maria Goretti, proposta alle ragazzine come modello di purezza difesa fino al martirio.
Forse, senza forse, a far discutere ancora oggi per la loro attualità sono coloro che la Chiesa ha condannato come eretici, sono quei profeti che, proprio per la loro scomodità, hanno anticipato i tempi, e che ora la Chiesa cerca di farsi suoi, come se niente fosse successo. La stragrande maggioranza dei santi canonizzati dalla Chiesa sono morti quasi subito come modelli di virtù, dimenticati dallo stesso popolo che fa le sue scelte ben precise: tiene in vita quei santi che non si stancano di fare miracoli.
A parte la mia naturale predisposizione per il proibito, a me piace chi ha lasciato un segno nella storia, al di là del momento presente, al di là di ciò che ha fatto di straordinario: a me interessa anzitutto il suo pensiero o la sua profezia che non si ferma all’azione immediata o storica.
È vero che tutti abbiamo bisogno di modelli, soprattutto in epoche di grande confusione o di grande apatia, ma il modello dovrà essere di stimolo per la ricerca della verità, per il progresso umano, e non per restare immobili in una struttura che, se è generosa proponendoci santi a tutto spiano, è solo perché in tal modo garantisce se stessa e soddisfa le esigenze interiori e corporali del popolo di Dio.
27 aprile 2014

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