Omelie 2020 di don Giorgio: S. GIOVANNI apostolo ed evangelista

27 dicembre 2020: S. GIOVANNI apostolo ed evangelista
1Gv 1,1-10; Rm 10,8c-15; Gv 21,19c-24
Giovanni il teologo o il mistico
Domenica 27 dicembre, la Liturgia ricorda San Giovanni, l’autore del quarto Vangelo, di tre lettere e viene tradizionalmente ritenuto anche l’autore dell’Apocalisse, il libro ancora oggi enigmatico che chiude la Bibbia.
Parlare di san Giovanni è anzitutto ricordare il quarto Vangelo che, tra i quattro cosiddetti canonici, ovvero riconosciuti dalla Chiesa come ispirati dallo Spirito santo, è il più originale nel senso che, a differenza dei tre sinottici (i Vangeli secondo Marco, Matteo e Luca), si eleva così in alto che il simbolo di Giovanni è un’aquila dallo sguardo acuto e dal volo ardito, quasi a sfidare la luce del sole.
Già gli antichi autori cristiani, insieme a Clemente Alessandrino, parlavano del quarto Vangelo come del Vangelo ”spirituale”. Lo stesso Giovanni, dal IV secolo in poi, verrà chiamato il Teologo, perché ha saputo leggere la vita pubblica di Cristo (Giovanni non dice nulla degli anni, circa trenta, vissuti a Nazaret) al di là di una cronaca diciamo carnale. Per Giovanni, insieme alla sua comunità particolarmente matura, gli eventi del Gesù di Nazaret sono ”segni”, in quanto “rivelano” qualcosa di profondo, che è il Mistero divino. Certo, neppure i tre Vangeli sinottici sono pure cronache di ciò che Cristo ha detto o ha fatto, ma il quarto Vangelo vola al di sopra degli altri, rileggendo gli eventi in senso ancor più mistico.
Giovanni nel suo Vangelo tralascia tante cose, presenti nei Sinottici, e si sofferma su altre, sviluppandole in senso particolarmente mistico. Pensiamo all’incontro di Gesù con la donna di Samaria, con Nicodemo, un capo dei Giudei, pensiamo al miracolo di Cana, alla guarigione di un cieco dalla nascita, alla risurrezione dell’amico Lazzaro.
Se tra questi dovessi scegliere, sceglierei l’incontro di Gesù con la Samaritana: troviamo l’affermazione più rivoluzionaria sul culto come adorazione di Dio “in spirito e verità”. Non conta il tempio in muratura, perché Dio è Spirito, e come tale va adorato. E come Spirito non è proprietà di nessuna religione.
Dunque, il quarto Vangelo è ”spirituale”, perché è il Vangelo dello Spirito che agisce in ogni essere umano, al di là di ogni religione che si fa schema, dogma, prigione. Lo Spirito sta stretto in ogni carnalità: ama la libertà assoluta, ovvero sciolta da ogni legame, e la parola ”religione” già etimologicamente significa “legame”.
Pensate: Gesù incontra la donna samaritana attorno a un pozzo, e non nel tempio, anche perché quella donna, essendo samaritana, adorava il suo dio non nel tempio degli ebrei, a Gerusalemme, ma sul monte Garizim. Ed ecco Gesù che dice alla Samaritana: “Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte (Garizim) né a Gerusalemme adorerete il Padre… Viene l’ora, ed è questa, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità”.
Un pozzo: luogo ideale per Gesù, per far nascere un dialogo del tutto eccezionale, fuori da ogni schema religioso. Il pozzo è un pozzo, e offre acqua che è di tutti, ebrei o non ebrei. E attorno a quel pozzo, apparentemente solo carnale (in quanto offriva acqua solo fisica), si è svolto il dialogo più importante della storia, perché in quel pozzo Cristo ha visto riflesso lo stesso Mistero di Dio, e in quel pozzo Cristo ha voluto che quella donna scoprisse il Mistero divino. Immaginate: l’acqua che diventa “segno” della Grazia più dissetante lo spirito umano.
La Croce come Gloria
Ma c’è dell’altro. Giovanni, a differenza dei tre Sinottici, ha presentato la Croce in un alone di luce e non di cupa sofferenza solo fisica. Il quarto evangelista parla di Gloria della Croce, perché proprio sulla Croce Gesù di Nazaret, mentre muore, ci offre il suo Spirito. Il Cristo storico muore per lasciare il posto al Cristo risorto. Dunque, per Giovanni la Croce è già Luce di Risurrezione.
Il tema della Luce è un’altra caratteristica del quarto Vangelo. Basterebbe pensare al significato della guarigione del cieco nato, un episodio da leggere in senso mistico. Quel cieco dalla nascita prima vede fisicamente, e poi vede spiritualmente, ovvero con gli occhi dello spirito, con gli occhi mistici.
Il quarto Vangelo come un processo giudiziario
Gli studiosi fanno notare un altro aspetto del quarto Vangelo, ed è il suo linguaggio giudiziario: si parla di processo, di giudizio, di avvocato, di legge, di giustizia, ecc. Secondo gli studiosi il Vangelo è narrato come se fosse un lungo processo, a cui è sottoposto Gesù, ma è Gesù che in realtà mette sotto processo la menzogna e i suoi cultori. Gesù non subisce mai il male, ma lo giudica. La cosa interessante è che proprio durante la sua passione il vero regista di tutto è proprio Gesù. Muore sulla croce perché liberamente ha scelto di morire sulla croce. Giovanni narra tutto questo anche con una certa accentuazione ironica.
L’ironia di Dio! Dio si prende gioco di quanti vorrebbero prendersi gioco di lui. L’ironia sta in quel ”non tutto il male vien per nuocere”, o in quel ”Dio sa trarre anche dal male il bene”.
E l’ironia di Dio la vediamo non tanto in coloro che vogliono fare del male, ma in coloro che pensano di fare del bene in nome di Dio, ma in realtà fanno più male dei nemici dichiarati di Dio. Dio sa che i suoi veri nemici ce li ha in casa, ed qui che Dio dimostra tutta la sua ironia, prendendosi gioco dei suoi cultori.
Cristo è stato messo sulla Croce da chi? Dai cultori della religione ebraica. Cristo è stato condannato a morte perché ha messo in discussione il Tempio e la Legge, i due pilastri della religiosità.
Anche qui il quarto Vangelo è l’unico a riportare (capitolo 8,30-59) quella drammatica discussione tra Cristo e i suoi apparenti simpatizzanti. E alla fine lo vorrebbero lapidare.
Quindi, il quarto Vangelo è altamente mistico e nello stesso tempo è fortemente drammatico. E questo fa capire che la Mistica non è evasione dalla realtà che è drammatica per la presenza del maligno. Non è evasione, ma nello stesso tempo è una presenza che dà senso alla vita, facendo riscoprire a ciascuno il suo mondo interiore.
È quanto l’evangelista Giovanni, nel Prologo che introduce il quarto Vangelo, ha cercato di farci intuire parlando di Logos e della sua perenne generazione nell’essere di ciascuno di noi. Qui entriamo nella grande Mistica, e prima o poi dovremo pur uscire dagli anatemi di una Chiesa che ha distrutto la Mistica, mettendo forti paletti anche alla Buona Novella di Cristo.

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