L’ulivo ai bambini, le palme agli adulti

L’EDITORIALE
di don Giorgio

L’ulivo ai bambini, le palme agli adulti

La Settimana Santa, quella che per i cristiani era chiamata anticamente “autentica”, nel senso che era l’eccellenza, ma soprattutto perché era il modello di tutte le altre settimane – non dimentichiamo che la domenica (da dies domini, il giorno del Signore) nacque dal Cristo risorto – viene introdotta con la festa detta dell’ulivo o delle palme.
Già qui potrei fare tutta un serie di riflessioni. Parlando di cristiani, distinguerei i cristiani autentici dai cristiani della Messa di mezzanotte e dai cristiani dell’ulivo. Le chiese si riempiono alla mezzanotte di Natale anche di gente che di solito non va mai a Messa: è una tradizione come mangiare il panettone a Natale. Così la domenica delle Palme tantissimi, anche poco credenti e per nulla praticanti, vanno in chiesa a prendere un ramoscello di ulivo, senza partecipare poi alla Messa.
Quando ero prete di parrocchia, mi commuoveva vedere i bambini tenere in mano con tanta gioia un ramoscello di ulivo, mentre dall’oratorio si procedeva verso la chiesa per la Messa. Sceglievano il ramoscello più grande, talora più grande della loro persona. Gli adulti erano invece preoccupati di portarlo a casa, distribuendolo anche tra amici e parenti. Pura superstizione?
Perché l’ulivo? I cristiani rispondono: per ricordare il gesto degli abitanti di Gerusalemme che, come dicono i Vangeli, avevano accolto trionfalmente Gesù mentre entrava nella città santa, pochi giorni prima che venisse condannato e messo su una croce.
In realtà gli evangelisti non parlano di rami di ulivo, ma di rami tagliati dagli alberi o di fronde tagliate nei campi. Solo il quarto evangelista parla di rami di palme.
Certo, gli ebrei non potevano dimenticare il mito del diluvio, quando Noè, dopo quaranta giorni di piogge ininterrotte, per sapere se la terra fosse vicina, aveva lasciato uscire dall’arca prima un corvo, senza ottenere alcun risultato, e poi una colomba, la quale, poco dopo, era tornata con “una tenera foglia di ulivo” nel becco.
Dunque, l’ulivo simbolo di una nuova umanità. Ma forse a noi moderni non interessano molto i simboli. Ci è rimasto ben poco del mondo dei segni. Viviamo di talismani, di amuleti, di magie, di superstizioni.
Un evangelista, precisamente Matteo, parla anche della presenza dei piccoli, durante l’ingresso di Gesù. Gridano così tanto, con entusiasmo, che i caporioni tentano di farli zittire. Ma Gesù risponde che la loro voce è la migliore lode di Dio.
I piccoli del giorno d’oggi hanno forse perso la voce? Quanto mi arrabbio quando li vedo strumentalizzati ai fini delle nostre lotte sociali o sindacali o altro! Mi sembrano che i ragazzi moderni manchino di spontaneità, di quel loro fascino d’essere che, quando esce allo scoperto, sa ancora incantare. Ma a noi adulti preme solo il nostro io, che da tempo ha distrutto quel “fanciullino” di pascoliana memoria che, comunque lo si voglia intendere, può ancora ricordarci qualcosa di quella semplicità più volte richiamata dallo stesso Gesù Cristo.
Se per un bambino ha ancora senso un ramoscello di ulivo, per gli adulti dovrebbe invece avere più senso un ramoscello di palma. Non sto qui a elencare tutta la simbologia presente nella palma. Dico solo che già presso i primi cristiani la palma era simbolo di vittoria, ma attenzione: nell’iconografia cristiana la palma era spesso associata ai martiri. Motivo? I martiri erano ritenuti i veri vincitori, e non tanto vittime delle persecuzioni del potere.
Palma e martirio, ovvero testimonianza, come dice l’etimologia della parola martirio. Altro che pace, come serenità o tranquillità o comodità o pacifismo e via di seguito. Ogni giorno è un martirio, ovvero una testimonianza di Umanità. Ogni giorno la sua pena, ma la pena senza martirio non ha senso.
Anche i bambini imparano ben presto che l’ulivo è destinato a trasformarsi in una palma. Spetterà a noi adulti prepararli alla lotta, e non invece proteggerli, lasciandoli in un mondo di bambagia. Un passo per volta, ma bisognerà pur lasciarli volare. Con i piedi per terra. Su una terra che è l’anima del mondo.
28 marzo 2015
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