L’identikit dei Vicari episcopali milanesi…

di don Giorgio De Capitani
La vastissima Diocesi milanese (forse ancora oggi la più grande del mondo, per territorio e per abitanti) è divisa in sette Zone pastorali: Zona 1 – Milano; Zona 2 – Varese; Zona 3 – Lecco; Zona 4 – Rho; Zona 5 – Melzo; Zona 6 – Melegnano; Zona 7 – Sesto San Giovanni.
Ognuna di queste Zone è affidata pastoralmente a un prete (talora anche monsignore), detto Vicario episcopale, termine che significa: “che fa le veci del vescovo”.  In altre parole, ognuno dei sette Vicari episcopali (che hanno un incarico quinquennale) fa da tramite tra il vescovo di Milano e i preti della Zona pastorale a lui affidata.
Non dimentichiamo una cosa: oltre che essere una delle più grandi del mondo, la Diocesi milanese è variamente caratterizzata dal punto di vista geografico: ci sono zone di montagna, di collina, di pianura, zone rurali e urbane, zone periferiche, ecc. ecc. con caratteristiche sociali, ambientali, religiose molto diverse tra loro. La stessa Zona pastorale non sempre è omogenea (basti pensare alla zona lecchese o del varesotto).
Questo per dire che la scelta del Vicario episcopale “dovrebbe” essere molto saggia: non è la stessa cosa fare il Vicario episcopale in un grosso centro che fare il Vicario episcopale in una zona di montagna o della bassa milanese.
Ma in realtà come deve essere un Vicario episcopale? Un burocrate, solo un portavoce, un galoppino del vescovo? O non dovrebbe essere anzitutto un mediatore, nel senso di saper mediare tra il vescovo e i suoi preti, difendendoli quando fosse necessario? Sarebbe troppo dire che il Vicario episcopale dovrebbe essere come un padre che si preoccupa dei suoi preti, tanto più che dovrebbe conoscerli meglio del vescovo che vive lontano?
Durante le mie molteplici esperienze pastorali, dal 1963 (quando sono stato ordinato sacerdote) fino ad oggi, ho conosciuto superiori di ogni tipo: più o meno intelligenti, più o meno burocrati o galoppini del vescovo, più o meno diplomatici amanti dei compromessi, più o meno paternalistici, più o meno umani.
Per lo più, i Vicari episcopali sono preoccupati di spostare i preti da un posto all’altro, anche da una Zona pastorale all’altra (capite anche i litigi tra i diversi Vicari per non perdere i preti ritenuti “migliori”), e questo succede quando si crea un buco (un parroco che va in pensione, oppure quando per scadenza del tempo canonico un prete deve lasciare la parrocchia). E tutto questo avviene talora e spesso con tanta faciloneria, preoccupati solo di riempire il buco, spostando magari da un’altra parrocchia un prete che stava facendo veramente bene, e poi succede che in quella parrocchia che stava crescendo viene mandato un altro parroco che in poco tempo la distrugge.
Ma tutto questo per i Vicari episcopali non è altro che “volontà di Dio”, come se Dio fosse un burattino nelle mani di certi ministri, a cui manca ogni ben dell’intelletto.
Nella Chiesa le esperienze negative non fanno mai scuola, ovvero tutto procede nella più assoluta dissennatezza. È forse volere di Dio costruire e poi distruggere? Ma perché a pagarla è sempre quel popolo di Dio che, poi, alla fine reagisce producendo il peggio del peggio?
Sì, ai Vicari episcopali non gliene frega proprio nulla: hanno il cosiddetto pelo sullo stomaco o, meglio, una pietra invece del cuore!
Una volta che hanno sistemato i “buchi”, talora nel peggiore dei modi, il lavoro dei Vicari episcopali è finito: poi, lasciano il povero cristo a grattarsi le rogne. Tornano a farsi vivi, quando sentono qualche malumore, e allora, senza valutare la veridicità dei fatti o delle situazioni, intervengono col solito criterio di spostare un parroco, che, all’inizio, deve subire difficoltà per farsi strada con il vangelo in mano.
Ci sono poi Vicari episcopali che non sai come definirli: hanno la capacità di coniugare una falsa paternità o paternalismo con il pugno duro dell’inquisitore. Una specie di padri spirituali che vorrebbero giudicarti nell’anima, per poi usarla ai loro paurosi fini, che sono quelli relativi all’obbedienza cieca alle autorità costituite. Prendono ogni tua confidenza come un’arma, per poi trafiggerti nell’anima. Sono viscidi, bugiardi, inaffidabili a tal punto da farti star male, ogniqualvolta sei costretto a incontrarli.
Mi chiedo il criterio per cui il vescovo o chi per esso rinnova l’incarico a certi Vicari episcopali, che, dopo aver fatto danni per cinque anni, avranno davanti a loro altri cinque anni per farne altrettanti. Forse un motivo c’è, ed è il solito perverso sistema gerarchico, per cui il capo supremo, ovvero il papa, si sceglie i collaboratori più devoti, non sempre intelligenti, tanto più se le scelte riguardano diocesi importanti come quella di Milano, e allora la scelta cade sulla persona più stupida, con la “virtù” dell’obbedienza a tutti i costi alla Santa Madre Chiesa Romana. È capitato ultimamente anche con la Diocesi di Milano: il papa ha scelto uno stupidello, e lo stupidello che fa? Come collaboratori sceglie più stupidelli di lui, e così le gerarchia sta in piedi, funziona, come una macchina, i cui ingranaggi sono ben oleati.
L’”intelligenza” profetica nella Chiesa non esiste: esiste solo l’intelligenza diabolica, che produce tutta una gerarchia di sudditi “idioti”.
Forse non tutti i Vicari episcopali rientrano in questa categoria di “idioti” sudditi di una cieca gerarchia, ma è veramente difficile trovarne uno che sappia fare il “buon” pastore, almeno con i suoi preti, senza perciò trattarli come pedine da spostare qua e là.
Qualcuno ha letto queste mie riflessioni prima di essere pubblicate, e mi ha chiesto se il mio identikit del Vicario episcopale riguardasse in particolare qualcuno. Forse sì, forse no. Certo, non posso non avere sotto gli occhi tutti i giorni il Vicario episcopale della Zona 3, a cui, tra l’altro, è stato rinnovato l’incarico. Già questo fa capire lo spessore morale e umano, nonché pastorale, di un vescovo che da quasi un anno sta guidando, come un pazzerello, la Diocesi più grande del mondo.
E sempre il mio amico mi ha chiesto il motivo per cui i preti milanesi non si ribellino. Forse perché va bene così. Forse perché, ribellandosi, aggraverebbero la loro situazione. Forse perché la colpa sta in alto, molto in alto, e la ruota implacabilmente gira, per quel “volere divino”, forse la bestemmia più atroce, frutto di una menzogna che alimenta in fondo ogni religione.

 

1 Commento

  1. simone ha detto:

    Sottoscrivo ogni singola parola di questo articolo. Se proprio volessimo approfondire il discorso potremmo partire dal ruolo dei Vescovi Ausiliari che a Milano sovrabbondano per fare non si sa cosa. Ecco loro dovrebbero aiutare il Vescovo a gestire questa grande Diocesi; in realtà sono dei tappabuchi che son messi nell’armadio per lunghi periodi ed escono a prendere aria giusto quando il Vescovo è malato o ha altri impegni, e presenziano sparando cazzate in linea con quelle del loro capo.
    Io sono della zona V di Monza (non Melzo) e ho conosciuto bene il precedente vicario. Mi sembrava una brava persona, capace e decisa. Ha iniziato bene il suo mandato ma l’ha finito male. Col tempo è divenuto uguale a tutti gli altri. La percezione che hai del vicario è inversamente proporzionale a quanto lo vedi. Più lo vedi e meno lo stimi. Però in questi nuovi uno, forse due buoni ci sono. La zona IV ha un prete capace che non scende a compromessi (vedremo se saprà fare bene il Vicario). Forse anche la zona I potrebbe essere in buone mani. Gli altri non li conosco bene. I due confermati erano i primi da cambiare.

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