Una Quaresima (o un Giubileo) del più o del meno?

L’EDITORIALE
di don Giorgio

Una Quaresima (o un Giubileo)

del più o del meno?

Non è una domanda tranello o del tutto inutile, tanto per scrivere un articolo o per passare un po’ di tempo giocando sulle parole.
Forse si dimentica – ma come si può dimenticare ciò che non si conosce? – che la Mistica ha fatto del più e del meno un punto importante, diciamo essenziale, per l’Unione con il Divino.
In sintesi. Più conoscenze ho su Dio, e meno possibilità ho di accostarmi al Mistero divino. Ci si avvicina a Dio, togliendo ogni immagine che ci si fa di Dio. Più cose che occupano il nostro mondo interiore, e meno spazio disponibile perché lo Spirito occupi la nostra realtà interiore.
Allora, un meno per un più. Il meno è per togliere quella carnalità che occupa il mondo dello spirito. Il più è quel mondo divino che chiede a ciascuno un distacco anche radicale, ecco il meno, da quell’ego che vorrebbe dominare imponendo il suo diritto di appropriazione.
Ma siamo concreti, altrimenti si rischia di fare un discorso per competenti, o per chi non ha niente da fare, non avendo problemi esistenziali.
Non rimanete per lo meno inorriditi (ma è rimasto almeno un barlume di sdegno?) leggendo, oramai tutto gira anche spudoratamente sui social parrocchiali, le più folcloristiche iniziative, quindi un più eccessivo, con l’intento, udite udite, di stimolare la gente a rivivere il Mistero divino (succede ogni anno in Avvento, e in Quaresima)?
Almeno si trattasse di iniziative culturali o religiose, ecc., ma anche questo, quando è troppo è troppo, e va a disturbare un tempo, “opportuno e forte”, come lo chiama la Liturgia, che esigerebbe silenzio, riflessione, meditazione, contemplazione…
Pensavo che almeno la Quaresima (sull’Avvento oramai dobbiamo ritenerci sconfitti!) ci fosse un ripensamento dall’alto gerarchico, per stimolare caldamente, anche fortemente, le comunità a togliere tutto ciò che è superfluo per scoprire il meno, ovvero quella essenzialità che è propria dello Spirito.
Parrocchie che ogni anno fanno a gara nell’inventare l’indicibile, mischiando (dopo un incontro di preghiera o la prima confessione dei bambini, in ogni caso da evitare, si organizza un piacevole rinfresco in oratorio) o alternando sacro e profano, una conferenza o un incontro e cose culinarie da ingolosire anche le anime più pie.
Per di più, ecco “un di più” veramente scandaloso, è l’Anno del Giubileo, e allora tutto fa brodo in una pentola grossa come un grattacielo. E si fa questo, si fa quello, sempre per un di più, a scapito di quel meno (togliere il di più), che ci farebbe capire che l’anno giubilare è l’Anno della Grazia, ovvero della Essenzialità divina.
Quaresima, e si inventano di tutti i colori, “più” Giubileo, e il cocktail è perfetto, da assumere sempre a stomaco pieno.
Colpa non è tutta delle comunità cristiane, colpa anzitutto è dei suoi pastori, a partire da un vescovo follemente trottola, fino ai parroci più intraprendenti nell’inventare anche oscenità pastorali: oscenità nel senso che escono da una pastorale “intelligente”.
E si continua alla rincorsa del più, del di più, per seppellire quel vuoto d’essere, che ha la sua ragion d’essere proprio nel “vuoto” di ogni di più carnale.
Non solo i gesti, anche le parole sono un di più, sono “quel più” che fanno parte di una pastorale di una trottola che sparge parole al vento.
Anche da questa Quaresima, come dall’Anno giubilare usciremo con le ossa rotte, o, meglio, ne pagheremo le conseguenze di una pastorale al limite della oscenità più blasfema. E la blasfemia consiste nell’idolatrare una cosa profana, e nel dissacrare una cosa sacra.
29 marzo 2025
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