Le ragioni forti, silenziose e tranquille del Si contro il cinismo
da L’Unità
Sergio Ragone
27 novembre 2016
Le ragioni forti, silenziose e tranquille del Si
contro il cinismo
Il Sì a questa riforma ha dentro di sé il seme buono della speranza e del cambiamento
Ci sono molte ragioni per sperare che vinca il Sì al referendum.
Queste ragioni non sono solo legate al bisogno stabilità dell’Italia, che certamente non può ritrovarsi in un’ennesima fase di incertezza politica e di stallo istituzionale. E non solo per rendere il paese più moderno, competitivo, snello e all’altezza delle inevitabili sfide del futuro.
La vittoria del Sì rappresenta anche una fortissima ragione per non cedere al cinismo ed alla caustica e livorosa dialettica degli scoraggiati militanti.
Il Sì a questa riforma, non esattamente la migliore possibile ma comunque necessaria per togliere l’Italia dal le sabbie mobili dell’eterna indecisione e dei continui rinvii, ha dentro di sé il seme buono della speranza e del cambiamento. Ma come ogni scelta non banale, anche quella del 4 dicembre sta dividendo l’opinione pubblica esattamente in due blocchi. Da un lato le legittime, ma non condivisibili, ragioni del No, in buona parte sintetizzabili in quattro parole: “mandiamo a casa Renzi“; dall’altro lato le ragioni del Sì, racchiuse sinteticamente nel quesito referendario, perché su quello si vota e non su altro, e nelle modifiche alla Costituzione approvate in più passaggi dalla maggioranza dei parlamentari.
Il linguaggio violento e volgare di queste ore caldissime di campagna elettorale, il cui tono rappresenta plasticamente un arretramento del primato della politica a favore dello scontro più acerbo volto all’annullamento dell’avversario, a dispetto del gioco democratico basato sul rispetto delle reciproche posizioni, non può certo essere l’unico racconto possibile che ne resterà a futura memoria. L’esasperazione delle parole, la rabbia, non sempre giustificata, che diventa arma digitale con la quale far prevalere le proprie ragioni, il falso spacciato per vero che diventa virale, l’odio che prende il posto del rispetto e che si fa verbo violento e tagliente. Uno spettacolo inquietante e impudente che non rende giustizia né alla Costituzione, né a coloro che la scrissero con il ricordo ancora vivo negli occhi del dolore e della guerra. Cinismo, appunto. Come motivare diversamente le irripetibili parole del blog di Grillo, i tweet al veleno dei trolls e dei fakes, i titoli e gli editoriali dei giornali a sostegno del NO, le urla dei politici nei talkshow, che ormai quasi più nessuno segue?
Parole usate per spostare i dibattiti altrove, per non permettere alle persone di capire il merito della riforma, per aizzare gli animi e accendere gli istinti più bassi e triviali: un gioco utile a chi vuol confondere le acque, nascondere la verità, celare debolezze. La forza silenziosa e tranquilla del Sì, invece, poggia le sue basi su ragioni di prospettive future, che riguardano l’interesse collettivo e non quello di singole persone o privilegi particolari. Fa un certo effetto vedere i paladini della lotta ai privilegi difendere posti e posizioni, fino a ieri oggetto di invettive urlate o scritte sui palchi dei comizi e su qualche rumoroso socialnetwork.
Non è più accettabile l’ostinazione all’uso di linguaggi e segni che separano piuttosto che unire, che servono talvolta soltanto a distruggere e non a costruire. Parole che vengono scagliate contro come se fossero pietre, pesantissime e dolorose. Parole che, se calate nel merito della riforma, fanno emergere la debolezza delle ragioni del No. Non arrendiamoci, c’è ancora tempo e spazio per realizzare l’alternativa alla confusione nella quale spesso viviamo. Il voto è su un quesito semplice, talmente chiaro che ha superato agevolmente ogni ricorso presentato per metterlo in discussione. A pochi giorni dal voto, e per quello che sarà dopo il 4 dicembre, c’è da sperare che la politica tutta possa dare un’immagine migliore di sé. Comunque vada questo referendum, non facciamo vincere l’odio ed il cinismo, o ci ritroveremo in un paese timoroso del proprio futuro e che avrà chiuso definitivamente con il proprio glorioso passato, fatto di talenti, ingegno, passioni, bellezza ed umanità.
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