L’EDITORIALE
di don Giorgio
Ma che gente siamo? Che cittadini siamo?
Non credo che sia così complicato per la nostra mente umana passare dal grande al piccolo, o viceversa, quando si tratta di località che ben conosciamo.
Tra parentesi. Ho detto “località che ben conosciamo”: sì perché, non da oggi, succede che un tizio arrivi da fuori paese, un “forestiero” (italiano doc!) magari sudista, e appena mette piede in Brianza (vista da lontano come “un paese di bengodi”), perché ha comperato un appartamento o magari una bella villetta, e subito si mette a fare il solito moralista, tirando in ballo il bene comune che magari non sa neppure che cosa sia, certamente visto nel suo lato strettamente egoistico. E succede che si candidi subito come sindaco per le prossime elezioni. Qui da noi, in Valletta, gli esempi sono tanti, e tutti finiti nel peggiore dei mali. Il che non significa che questi nostri paesi brianzoli siano da lasciare nelle mani di nostrani leghisti, che pensano solo al ventre da accarezzare e da riempire. Chiusa parentesi.
La mia riflessione per questo editoriale è la seguente.
Quando tutti vorrebbero mettere pace in un mondo oramai in subbuglio, anche feroce, nelle mani di pazzi scatenati, eletti anche democraticamente (vedi Sati Uniti d’America), e si pensa che basterebbe poco – una marcia della pace, o urlando slogan precostituiti, o rivolgendosi al Padre Eterno con litanie noiose e petulanti – per iniziare un dialogo promettente, e poi, tornati a casa, nel proprio piccolo, ci si chiude a riccio, fregandosene di quanto succede: il paese dove abito è in lotta continua con l’altro che sta accanto, a causa di amministrazioni locali che per vari motivi se le danno di santa ragione, anche per vie giudiziarie.
Mi chiedo: come? tu pretendi di risolvere i problemi del mondo, e non sei neppure capace di alzare la voce contro il tuo sindaco che è fuori di testa? Esci di casa e vai altrove a contestare per la pace nel mondo, e in casa non fai nulla per risolvere una contesta anche giudiziaria che danneggia il bene comune del tuo paese, e anche il tuo bene personale?
Mi sta bene, anzi!, che il papa faccia da paciere per ottenere una pace “giusta” tra Putin e l’Ucraina, tra israeliani e palestinesi, ecc. e poi il tuo parroco o i tuoi preti se ne fregano quando i loro fedeli, e cittadini allo stesso tempo, sono divisi: non fanno parte della stessa comunità pastorale? E se i tuoi preti non fanno nulla, perché non rompi loro le palle perché facciano qualcosa per mettere pace tra le due amministrazioni? I membri del Consiglio pastorale, che è unico dei due Comuni, cosa fanno? I tuoi preti non fanno nulla? Allora rompi le palle al Vicario episcopale! Il Vicario non fa nulla, allora interpella il vescovo. Il vescovo non fa nulla? E allora interpella le autorità statali competenti… Puoi invertire le vie, la cosa importante è che si raggiunga un accordo, e che si viva in pace!
Mi hanno sempre insegnato (i nostri vecchi erano più saggi dei mille e più pittoreschi opinionisti di oggi!) che la pace inizia dal piccolo, ed è dai piccoli che bisogna partire per educarli al rispetto reciproco.
Certo, può essere un circolo vizioso: partire dal grande per ottenere la pace che coinvolge anche il piccolo, ma credo che avessero ragione i nostri vecchi: il grosso è fatto di tanti piccoli ego, che, assommandoli, fanno una guerra mondiale.
Oggi tutto si è perso, anzitutto quel senso forte di solidarietà (attenti a chiamarlo solidarismo!) che univa i poveri tra di loro (pensate alla povera gente di una volta, operai ecc.): uniti si otteneva, disuniti si andava alla morte.
Oggi quei tempi sono passati: ci sono altri poveri, gli operai non si sa più chi siano, ma una cosa è sotto gli occhi di tutti: un forte egoismo, una indescrivibile imbecillità che porta alla cecità assoluta.
Eppure basterebbe poco per cambiare situazioni locali, solo apparentemente complesse: mandare a casa un sindaco, votando la perdona giusta alle prossime elezioni, oppure spedirlo a quel paese, togliendogli la fiducia da parte dei suoi più stretti collaboratori.
Pretendiamo di far ragionare Trump o Putin o Netanyahu, e non siamo capaci di mettere in riga il sindaco del proprio paese.
Ma che gente siamo?
Non serve una marcia per la pace, o implorare il Padre Eterno: lo si prende a pedate nel culo, e lo si spedisce in cima a una montagna, solo, a meditare sulle proprie nefandezze.
Ma che cittadini siamo?
31 maggio 2025
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