Omelie 2014 di don Giorgio: Quinta Domenica di Pasqua

18 maggio 2014: Quinta di Pasqua
At 10,1-5.24.34-36.44-48a; Fil 2,12-16; Gv 14,21-24
Il primo brano della Messa, preso dal libro “Atti degli Apostoli”, riporta un episodio che ci fa capire le prime mosse dello Spirito Santo. A causa della sua lunghezza, il brano è stato in parte tagliato (lo potete notare dai numeri della citazione), per cui brevemente riassumo ciò che è successo.
Tre sono i protagonisti: Cornelio, l’apostolo Pietro e lo Spirito santo. Cornelio era un ufficiale romano, che risiedeva a Cesarea, sede del governatore. Con tutta la sua famiglia, era “religioso e timorato di Dio”, scrive Luca. Aveva accolto le verità di fede e i principi morali del giudaismo, senza però accettare di farsi circoncidere. Non era entrato del tutto nella religione ebraica: era rimasto sulla soglia. Non era dunque un “proselito”, un convertito, ma solo un “simpatizzante”.
Oggi diremmo: nonostante la carica che aveva, era un “bravo uomo” che faceva anche elemosine al popolo. Proprio per questo era molto stimato tra gli ebrei. Ed ecco la cosa sorprendente: era sul punto di farsi ebreo, invece il Dio di Gesù Cristo gli ha fatto varcare la soglia del cristianesimo.
Qui s’impone una domanda: era proprio necessario che Cornelio si facesse “cristiano”? Possiamo anche comprendere la differenza tra il culto nelle divinità inesistenti, come gli idoli dei pagani, e il culto nel Dio degli ebrei. Però, anche qui dovremmo stare attenti: uno studioso ha fatto notare, ed io condivido, che senza la credenza nelle divinità il mondo degli esseri umani sarebbe stato diverso, forse non avrebbe potuto sopravvivere. Il discorso si farebbe lungo, e interessante. Noi purtroppo abbiamo bollato in modo spregiativo il mondo idolatrico senza renderci conto che il vero unico Dio si è servito anche delle divinità per manifestarsi. In fondo, le divinità che cos’erano? Erano la proiezione o la sublimazione dei bisogni dell’uomo: alcuni di questi bisogni erano frutto di basse passionalità, ma la maggior parte era frutto di desideri elevati. Se è vero che il vero Dio è nell’animo umano, forse che non lo era anche nell’animo dei cosiddetti gentili o pagani? Pensate a questo fatto: i più grandi filosofi dell’antichità, ad esempio Platone, per non citare tanti altri, avevano raggiunto una tale concezione di Dio, a cui ancora oggi noi cristiani neppure lontanamente siamo arrivati. Dunque, attenzione: ridurre tutto il mondo pagano a una pura questione di idoli, inventati di sana pianta e talora ridicoli, non solo è del tutto riduttivo, ma anche offensivo nei riguardi di una numerosa schiera di artisti e di pensatori, e anche di quel popolo che, se si aggrappava al Creato ritenendolo una immagine, da qui la parola idolo, di un essere superiore, era forse più rispettoso di Dio di quanto lo siamo noi, monoteisti, cultori dell’unico Dio, ma che preferiamo lasciare nell’alto dei cieli, perché non disturbi i nostri sporchi interessi sulla natura. Sì, adoriamo l’unico Dio, e poi violentiamo il Creato, fatto a immagine di Dio.
Scusate se non chiudo ancora la parentesi. Non dimentichiamo inoltre che l’Antico Testamento, che la Chiesa non ha mai rinnegato e che tuttora ritiene indispensabile per comprendere il Nuovo, non è altro che la manifestazione progressiva dell’unico Dio. Perciò, eliminare di colpo, in toto, la religione ebraica non mi pare sia la vera intenzione della Chiesa di Cristo.
Eppure il Cristo storico, durante la sua esistenza umana, ha combattuto l’ebraismo, ha contestato duramente il suo culto, nei suoi due pilastri: il sabato e il tempio. Anche qui bisognerebbe chiarire: anch’io spesso dico che Cristo ha capovolto tutto, a partire dalla religione ebraica. Capovolgere non significa di per sé distruggere, ma ribaltare qualcosa che è storto. Se uno cammina con la testa all’ingiù, vede le cose in modo del tutto diverso da chi cammina con i piedi per terra. La religione ebraica era arrivata al punto di vedere tutto capovolto, a partire dalla concezione di Dio e dall’essere umano. Se per i cosiddetti gentili (oggi diciamo pagani) le divinità non erano altro che invenzioni o proiezioni dei propri bisogni spirituali e materiali, e perciò non sapevano che Dio era uno solo, al di sopra degli idoli, gli ebrei, pur adorando l’unico Dio, avevano fatto della legge e del tempio altrettante divinità, alla pari, se non peggio, del mondo cosiddetto pagano.
Cristo allora che cosa ha fatto? Ha restituito a Dio il suo primato originario e ha capovolto l’essere umano. È chiaro che, se ho di Dio un’idea sbagliata, anche la mia idea di uomo è sbagliata. La religione ebraica aveva perso l’idea migliore di Dio, e perciò dell’essere umano, tanto da arrivare, in nome della religione del sabato e del tempio, a rendere l’essere umano un oggetto di culto al servizio del sabato e del tempio. Stava qui la perversione, a cui era giunta la religione ebraica.
Il cristianesimo come si presentava agli occhi degli ebrei e dei pagani? Una novità: una nuova strada. Il nome originale che troviamo nel libro “Atti degli Apostoli” a indicare il cristianesimo è il greco “odòs”, che significa via, ma che è stato tradotto in lingua italiana con il termine “dottrina”. Vedete come si fa a tradire il cristianesimo.
Passiamo ai fatti. Cornelio viene avvertito, tramite una visione angelica, di mandare a chiamare l’apostolo, che si trova a Giaffa, distante da Cesarea una cinquantina di chilometri. Nel frattempo anche Pietro ha una visione, molto singolare, per non dire strana. Vede scendere dal cielo come un grande recipiente di tela, misteriosamente sostenuto ai quattro capi: dentro c’è un miscuglio di animali terrestri e uccelli di tutti i tipi, puri e impuri. Gli animali impuri, secondo il Levitico, non potevano essere mangiati da un ebreo osservante. Ma una voce dal cielo invita Pietro ad uccidere quegli animali e a cibarsi anche degli animali impuri. Sul momento egli rimane perplesso: non intuisce subito la novità, ovvero il superamento della distinzione tra puro e impuro che il cristianesimo è venuto a portare. Ed ecco che viene avvertito dallo Spirito santo che stanno arrivando gli inviati con l’incarico di accompagnarlo a Cesarea da Cornelio.
Pietro, giunto a Cesarea, per incontrare Cornelio deve entrare in casa sua, ovvero nella casa di un pagano che, secondo la legge ebraica, era ritenuto un impuro. Ecco che la visione precedente degli animali puri e impuri gli si svela di colpo. Pietro allora non esita a scostarsi dall’usanza ebraica, e s’incontra con Cornelio.
Cornelio spiega a Pietro il motivo per cui l’ha fatto chiamare. L’apostolo allora tiene un breve discorso: i discorsi precedenti erano rivolti al popolo ebraico, stavolta egli si rivolge al mondo pagano. Pietro parla di un Dio che “non fa preferenze di persone, ma che accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga”.  L’universalismo del cristianesimo inizia a dare i suoi primi passi. Mentre sta parlando, all’improvviso Cornelio e i suoi familiari, parenti e amici, ricevono il dono dello Spirito Santo, come una nuova Pentecoste. Pietro allora li battezza.
Qualcuno si chiederà: prima c’è la discesa dello Spirito santo, e poi il battesimo? Perché poi la Chiesa invertirà i sacramenti: prima il battesimo, poi la cresima? Non saprei darne una ragione. E poi, non dobbiamo dimenticare che, la sera di Pasqua, quando Gesù appare agli apostoli riuniti in casa, dopo aver soffiato su di loro dice: «Ricevete lo Spirito Santo». Non penso che gli apostoli fossero già battezzati,
Vorrei insistere. La Chiesa purtroppo ha istituzionalizzato in varie tappe cronologiche la recezione dei doni della grazia di Dio. Prima questo, e poi quello. Prima il battesimo, e poi gli altri sacramenti. Anticamente, non era chiara la distinzione tra battesimo, cresima e eucaristia: venivano amministrati contemporaneamente. Oggi si vorrebbe di nuovo mettere insieme nello stesso giorno Cresima e Prima Comunione. Forse il vero problema è un altro: occorre far capire che la grazia di Dio non segue i ritmi imposti dalla religione nei suoi riti o nelle sue esigenze anche pedagogiche. Siamo arrivati al punto di separare i sacramenti in varie tappe successive tanto da far dimenticare che il Mistero di Dio è uno solo, e soprattutto che lo Spirito santo non aspetta l’ok della Chiesa per entrare in azione.
Senza voler sminuire o distruggere il valore dei riti e dei sacramenti, vorrei far capire invece quanto sia importante il rapporto profondo che c’è tra l’uomo e il sacro, indipendentemente dalle credenze religiose di ciascuno: l’apostolo Pietro, nel suo discorso a Cornelio e familiari, ha parlato di un Dio che non fa preferenze di persone, ma che accoglie chi lo teme (cioè lo ama) e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga”. Parole sacrosante che sono state dimenticate lungo i secoli dalla stessa Chiesa. Far comprendere che il vero Dio è così è il compito dello Spirito di Cristo.
Oggi invertire la recezione dei sacramenti non risolve niente. Dobbiamo invece educare, sempre, in ogni caso, ad ogni sacramento che riceviamo, che lo Spirito è uno solo, e che si è messo in azione quando siamo venuti in questo mondo. L’autore sacro inizia il racconto della Genesi con queste parole: «La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque”.

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